“Sognando Beckham”: un focus sul calcio femminile
“La partita precedente termina, si apre la rete d’ingresso e i tacchetti affondano nell’erbetta sintetica.
Le narici si impregnano dell’odore tipico di ogni campo, e mentre gli occhi si abituano alla luce dei riflettori i dadini di caucciù cominciano a rimbalzare attaccandosi ai polpacci e infilandosi nei calzini ancora abbassati sulle caviglie.
Saluto i compagni, conosciuti e non, stretta di mano, presentazioni e nomi già dimenticati. Qualcuno recupera un pallone da dietro una rete e lo calcia verso il centro del campo: comincia il torello, i passaggi, la tedesca di riscaldamento.
Io corro per non stirarmi, conosco i miei muscoli e con l’umido sono capricciosi. Stretching, saltelli sul posto e occupo la mia posizione in campo: a rombo o a quadrato, a seconda delle caratteristiche dei compagni di squadra.
Tocco all’indietro dal dischetto di centro campo, timidamente gli avversari si studiano senza esporsi eccessivamente; qualcuno prova uno scatto verso l’area opposta sperando in un assist, intercettato dall’esile giovane che ora tira fuori la grinta e salta l’avversario senza difficoltà; solleva lo sguardo alla ricerca di una casacca del suo stesso colore: passaggio filtrante, stop, triangolo miracolosamente riuscito, tiro, il portiere respinge senza difficoltà in direzione di un ragazzo senza casacca, che si accentra puntando verso fondo campo.
Il sudore comincia a impregnare le ciglia, il sapore salato pizzica in bocca. I capelli si attaccano alla fronte, la maglietta è zuppa, le gambe scattano prepotenti sorprendendo gli avversari.
La palla sfila via, l’aria fredda brucia nel petto ma bisogna raggiungerla prima che esca lateralmente: tocco sulla linea bianca per mantenerla dentro e via verso il fondo campo, cercando con la coda dell’occhio una maglietta amica per crossare.
Passaggio intercettato, calcio d’angolo battuto di corsa per anticipare lo schieramento della difesa avversaria, ma il portiere esce con i pugni e spazza l’area piccola. I ragazzi che hanno prenotato per giocare dopo cominciano ad accomodarsi a fondo campo, e divertiti osservano.
I sessanta minuti di gioco, dieci dei quali impiegati ad aspettare i ritardatari e ritrattare sulle squadre, trascorrono senza intoppi, tra contrasti e prese in giro.
Campanella di fine partita, esausti si recuperano felpe e bottigliette impregnate di umidità e ci si avvia agli spogliatoi: il galateo spicca e le ragazze hanno la precedenza per fare la doccia, mentre i giovanotti attendono fuori chiacchierando degli impegni settimanali. Puliti e profumati ci si avvia quindi alle macchine, dandosi appuntamento alla settimana successiva.”
Questo è il classico scenario a cui è possibile assistere durante una partita di calcetto mista tra maschi e femmine.
Nei campetti di provincia non è raro imbattersi in partite simili, ma purtroppo a livello agonistico il calcio differisce da tutti gli altri sport in Italia poiché il campionato femminile è parte della Lega Nazionale Dilettanti e non della FIGC, per cui gli stipendi non sono neanche lontanamente paragonabili a quelli percepiti dagli uomini.
Negli USA la nazionale di calcio femminile ha dato vita al movimento Equal Play Equal Pay per ottenere gli stessi diritti e privilegi economici dei giocatori maschi dello stesso livello, minacciando di sciogliere la squadra nel caso del mancato ottenimento.
Negli altri paesi il calcio femminile è seguito almeno quanto il “campionato Primavera” in Italia, mentre da noi i risultati delle calciatrici non figurano mai nelle pagine sportive dei quotidiani.
Risulta automatico concludere che il calcio maschile è lo sport nazionale del nostro Paese e non il calcio in toto, perché a differenza di molti altri sport, specie quelli individuali in cui ragazzi e ragazze si allenano assieme per poi separarsi al momento di preparare gare specifiche, nel calcio non è neanche contemplata la componente del sesso “debole”.
Sorge spontaneo domandarsi il motivo di tale discriminazione: in un Paese dove una donna può accedere alle accademie militari ci si stupisce se si appassiona ad uno sport “maschile” quale il calcio.
Marta Maresca