Il presente è Donna
La presentazione dei libri di Beatrice Morra e Benedetta De Nicola negli spazi di Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli
di Marzia Figliolia
La felicità è un esercizio di sottrazione. Dalla superficie della propria vita, con lavoro certosino, bisogna grattare via tutta quella polvere di routine, preoccupazioni più o meno necessarie, impegni di lavoro, corse ai treni, disillusioni, distrazioni. Ciò che rimane, lì sotto quella superficie, tutto sottratto, è la felicità.
Come una gentilezza improvvisa.
Come rubare una bella storia.
Come scrivere.
Mi pareva di poter cominciare solo così a raccontare la presentazione, tenutasi venerdì 6 aprile scorso, di due raccolte di racconti scritte da due giovanissime autrici: La voglia di caffè, di Benedetta De Nicola, e I fiori del giorno, di Beatrice Morra. Negli spazi della Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli, complice la sensibile moderazione di Raffaele Iorio, mi è sembrato, tutto sottratto, si parlasse proprio di questo: di felicità. Di quando c’è, di quando se ne ha nostalgia, di quando e quanto si deve lottare per raggiungerla.
Come nelle storie de I fiori del giorno. Beatrice Morra, quando comincia a parlare, è una diga che cede: trascinante, fluente, inarrestabile. Racconta cosa sono, questi fiori del giorno: “È come quando sai di avere una settimana durissima, hai il panico, la domenica non riesci nemmeno a dormire. Poi entri in cucina e trovi che qualcuno ti ha preparato la macchinetta del caffè: in tutto questo delirio, qualcuno ha pensato a te”.
E così sono gli 11 racconti che compongono il suo libro: atti di bellezza da riconoscere, e da cogliere, come fiori, in mezzo al macello del mondo.
Il personaggio misterioso che va in giro tra le pagine di Benedetta De Nicola, invece, i suoi “fiori” non li coglie, li ruba: pare quasi un’incarnazione della scrittura stessa, in attesa della storia giusta, come di una preda. Il suo La voglia di caffè, Benedetta lo racconta per immagini, potenti e secche, precise come colpi di gong: “La stessa voglia di caffè è un’immagine, è quella che ho io sulla fronte; ma è anche una metafora: la voglia di caffè, a Napoli, col suo rito, il suo momento, è come dire voglia di libertà”.
È proprio la voglia di libertà, come fa notare Raffaele Iorio, il filo comune tra le due autrici, entrambe provenienti da realtà chiuse, strette, ed entrambe evase per trovare la loro dimensione in quella Napoli enorme che hanno voluto raccontare e che ne ha cullato la creatività: “La gente spesso si crea giustificazioni per restare – osserva Benedetta – ma bisogna smettere di trovare scuse per non andarsene da dove si sta male”; e Napoli è nei loro racconti, personaggio tra i personaggi che camminano per il centro storico, s’incontrano al Molo Beverello, si notano in Circumvesuviana mentre cercano una storia, un motivo, una salvezza: “Ma è Napoli che salva – interviene Beatrice – salva il contatto con la gente, quella gente che pure se ti giudica non ti esclude. A Napoli ho imparato che qualunque modo di esprimerti tu abbia, non solo è giusto, ma bello!”.
E i progetti per il futuro?
“Una pausa, quest’estate, per riposarmi! – ride Beatrice – E poi nuove letture. Ho scoperto da poco il postmodernismo, Carver, Wallace: da loro mi aspetto nuove creatività”.
Benedetta, invece, mette in pausa la scrittrice per cacciar fuori la giornalista: “Per ora tutto il mio impegno è per La Testata: la creatività va coltivata, ed io scelgo di coltivarla così; non penso di voler scrivere un altro libro a breve, anche se vorrò sempre essere una scrittrice”.
E infatti, mentre io torno alle mie frenesie, ai miei treni persi, alla difficoltà di ridurre tutto al nocciolo, penso che certi mestieri (come certe gentilezze, certe storie – certe felicità), non te li puoi scegliere: accadono, per fatti loro. Come la primavera.