La Femen al seggio: protesta o arte?
di Luisa Ruggiero
In occasione delle ultime elezioni politiche, Melodie Mousavi Nameghi, trentenne francese di origini iraniane è arrivata con un aereo da Parigi a Malpensa e si è diretta al seggio di via Scrostati di Milano. Vi è entrata mostrando un tesserino del Cinema World Press e lì ha atteso assieme a cronisti, cameramen e giornalisti. All’arrivo di Berlusconi è salita su un banco, mostrando il seno, simbolo distintivo della protesta delle Femen ed ha urlato al leader di Forza Italia “Time’s up”, in riferimento all’organizzazione contro le molestie sulle donne ripetendo più volte “Berlusconi, sei scaduto”, “Berlusconi, sei finito”.
L’atto di protesta contro il leader politico potrebbe essere preso e inserito in un contesto diverso, quale quello di un museo, diventando per direttissima una performance di arte contemporanea. Le arti performative consistono nelle “azioni” vere e proprie dell’artista che mostra, crea, distrugge, protesta per l’appunto, dinanzi ad un pubblico osservante. Il primo strumento del performer è il suo corpo, utilizzato come mezzo autentico per una comunicazione profonda e proficua.
Tra i più grandi esempi ci sono le azioni di Marina Abramovich, come Rhythm 10, sua prima opera, Art must be beautiful, Lips of Thomas, Imponderabilia, con il suo amore eterno Ulay. Si tratta di simboli ma anche proteste, momenti in cui l’artista mostra e si espone: ha parlato con perfetti sconosciuti suscitando le emozioni più disparate e profonde, ha mangiato un chilo di miele, si è incisa una stella di David sulla pancia, si è spazzolata i capelli per ore, scombinandoseli e deturpandosi il viso, ha costretto le persone presenti ad una sua performance a passare tra lei e il suo ex fidanzato Ulay, entrambi nudi, attraverso una fessura strettissima. Marina Abramovic fa piangere, urlare, ridere, confonde, impaurisce, disarma, sorprende, ma fa arte e ciò è indiscutibile, come fa anche Gina Pane, sua contemporanea.
Quest’ultima si rivolge maggiormente alle donne e alla loro situazione di subalternità all’inizio degli anni ’70. Le sue opere sono cruente, a tratti sconvolgenti ma è proprio quello a cui mira la performer. Le azioni più famose sono Il bianco non esiste, Escalade non anesthésiée e Azione sentimentale, una performance del 1973 in cui l’artista, vestita di bianco, ha in mano un bouquet di rose, alle quali strappa le spine per provocarsi delle ferite, mentre il sangue macchia l’abito immacolato. Leggibile è il riferimento al martirio religioso.
Questa realtà è in grande espansione; la danza, il canto e il teatro sono espressioni di questo tipo, ma se la femminista esprime la propria opinione con il suo corpo, mostrando dissenso, non è questo gesto ascrivibile a tutti gli effetti e a pieni diritti tra le azioni di arte performativa?
La protesta non è solo inseribile in questo campo, ma appartiene a noi, alla nostra quotidianità, alla condizione politica e sociale, al vissuto di ognuno, perché l’Italia stessa è di nostra competenza, le faccende politiche, sociali, economiche e culturali di questo paese ci riguardano.