Lo splendore di Caserta: tra la Reggia e l’acquedotto Carolino
Immaginate un parco immenso, pieno di fontane zampillanti, immaginate abiti di seta e organza, il suono di zoccoli di cavalli e l’ombra creata da ombrellini da sole di dame annoiate o immerse in conversazioni su intrighi e congiure al palazzo reale… viaggiando con l’immaginazione, si può percepire il tiepido sole di aprile riflettersi sulle finestre della città-corte che doveva competere con Versailles: si tratta della Reggia di Caserta.
La storia della Reggia ha inizio il 28 agosto del 1750, quando Carlo di Borbone, re delle due Sicilie da 16 anni, acquista dagli eredi della famiglia Caetani Acquaviva il territorio pianeggiante, un “torrazzo”. Il costo di questa transazione tolse alle casse regie ben 489.343 ducati. Un’ iniziativa che non voleva limitarsi ad edificare una reggia, ma che puntava a dare al regno una nuova capitale, lontana dal mare e dalle offese che da questo potevano venire. Un progetto ambizioso, per il quale si rendeva necessario dover assumere un architetto all’altezza del compito. Fu proprio dal Papa – Benedetto XIV – che Carlo di Borbone ricevette il consenso e l’autorizzazione ad assumerne uno, di origine olandese, che stava lavorando alla preparazione del Giubileo del 1750: Luigi Vanvitelli.
La Reggia di Caserta rappresenta il trionfo del Barocco italiano, è una delle opere più importanti del famoso architetto napoletano: il suo visitatore resta incantato dalla bellezza degli interni e dalla magnificenza dell’esterno. Curatissima nei dettagli ed articolata su quattro monumentali cortili, la costruzione è fronteggiata da uno scenografico parco, oggi meta di migliaia di turisti. La Reggia di Caserta si presenta come un vero e proprio complesso monumentale che occupa 45.000 mq e, con i suoi cinque piani, raggiunge un’altezza di 36 m. Sulla facciata principale si aprono 143 finestre e nel palazzo ci sono ben 1200 stanze e 34 scalinate. L’edificio è fabbricato in mattoni e i due piani inferiori sono rivestiti con lastre di travertino.
L’ intera struttura è coronata da un’ampia cupola centrale. Visitando il suo interno si è stupiti dal continuo susseguirsi di stucchi, bassorilievi, affreschi, sculture, pavimenti a intarsio. Notevoli sono quelli della Sala di Astrea, della Sala di Marte e della Sala del Trono. Quest’ultimo è il più grande degli appartamenti reali ed era adibito al ricevimento degli invitati.
Le parti più scenografiche della Reggia sono probabilmente l’insieme dell’atrio e del monumentale scalone d’onore e la cappella. Lo scalone è un’invenzione dell’arte scenografica settecentesca e collega il vestibolo inferiore e quello superiore, dal quale si accede agli appartamenti reali.
Ma anche gli altri ambienti sono di eccezionale bellezza: la Pinacoteca al suo interno è organizzata in una serie di stanze collegate e accoglie numerosi dipinti raffiguranti nature morte, eventi bellici e ritratti della famiglia dei Borbone. Suggestive sono anche le sale dedicate alle quattro stagioni.
Parte integrante della maestosità e della bellezza della Reggia è il parco, composto da fontane e cascate. Il parco è un tipico esempio di giardino all’italiana, costituito da vasti prati, aiuole squadrate e, soprattutto, un trionfo di giochi d’acqua. Lungo l’asse centrale, si susseguono vasche, fontane e cascate, ornate da grandi gruppi scultorei. Ne risulta un effetto scenografico di grande impatto che raggiunge il culmine nella Grande Cascata. Il parco si estende fino alla sommità della collina antistante il palazzo, dove un giardino inglese fa da cornice ad una passeggiata tra piante esotiche. Singolare è infine il fatto che il giardino all’Inglese, meno simmetrico rispetto a quello all’italiana, fu voluto da Maria Carolina d’Austria e vi furono piantate numerose piante indigene ed esotiche, fra cui alcuni bellissimi cedri del Libano.
Assieme alla Reggia di Caserta e al suo parco, l’Unesco ha inserito nella World Heritage List anche l’Acquedotto, sempre realizzato dall’architetto Luigi Vanvitelli e il vicino complesso di San Leucio. Il progetto voluto da Carlo III si presenta ambizioso come pochi e prevede una serie di opere che, una volta ultimate, avrebbero fatto dell’intero complesso un qualcosa di unico al mondo.
Tuttavia, nelle immediate vicinanze non vi sono falde acquifere per alimentare il parco adiacente al palazzo. Il re chiede quindi a Vanvitelli di trovare un sistema per rifornire sia il parco, ma anche la vicina San Leucio.
Nel 1753 iniziano i lavori per la residenza reale dei Borbone. Dopo vari rilievi, Vanvitelli individua nelle sorgenti del Fizzo, sul Taburno, il luogo ideale da cui far partire l’acquedotto. Il progetto presenta da subito due grossi problemi: la distanza totale tra la falda acquifera e Caserta (oltre 30 km) e la presenza di alcuni ostacoli impossibili da aggirare. Dinanzi a queste difficoltà i suoi collaboratori chiedono di rivedere tutto il progetto, e di cercare una fonte più vicina. Vanvitelli però non ci sta, anche perché vincere lo scetticismo degli altri ingegneri significherebbe affermarsi nel panorama europeo.
Iniziano così gli scavi, tra non pochi rallentamenti, l’acquedotto arriva sul monte Longano. Bisogna arrivare ora sul versante est del monte Garzano, ma tra i due c’è una piccola valle. Sin da subito Vanvitelli capisce che l’unico modo per superare la valle è realizzare un ponte. L’architetto volge quindi il suo sguardo alla civiltà che ha fatto dell’ingegneria un motivo di vanto: i Romani. Sul modello degli acquedotti costruiti più di mille anni prima, Vanvitelli realizza un ponte dai numeri impressionanti: tre ordini di arcate poggiate su 44 piloni, il tutto lungo 529 metri, alto ben 55 e con un dislivello di pochi centimetri. Non esisteva nulla di simile all’epoca nel vecchio continente. Con il ponte ultimato si inaugura il primo blocco nel 1762.
Successivamente cominciano i lavori per il secondo blocco: dal monte Garzano fino a Briano, dove si trovano gli allacciamenti per le fontane. Gli scavi procedono senza intoppi, e nel 1770 viene posata l’ultima pietra. La Reggia, San Leucio, Caserta e i vari paesi limitrofi hanno ora a disposizione acqua fresca corrente. Tutto questo grazie all’Acquedotto Carolino, un’opera costata 17 anni di lavoro e quasi 700.000 ducati. Sin dalla sua inaugurazione cattura l’attenzione di tutta Europa e proietta Vanvitelli tra i più grandi architetti ed ingegneri dell’epoca.
Veronica Nastri