Tartaglia Aneuro: andare “Oltre” “Per errore”
di Luisa Ruggiero
Tartaglia Aneuro, è un progetto musicale che nasce nel cuore di Napoli nel 2012 e, passo dopo passo, si compone, fa esperienza e cresce, proprio come i suoi membri: il chitarrista e cantante Andrea Tartaglia, Paolo “Cane” Controne alla chitarra, Mattia “Seed” Cusano al basso e ai cori, Salvio “Skazzi” La Rocca alle percussioni e Federico Palomba alla batteria. Da sempre autogestiti, autoprodotti, attingono a piene mani da tutti gli stili e le influenze possibili, tanto da renderli una miscellanea non solo di sonorità, ma anche di sensazioni e stimoli particolarissimi e sempre nuovi. Il loro nuovo disco Oltre, uscito il 15 dicembre 2017, non è altro che la riconferma di questo gruppo intensissimo, in cui le sonorità esotiche, il ritmo incalzante e lo sprone all’ottimismo e al miglioramento costituiscono qualcosa di diverso.
Come è nato il tuo progetto? E non rispondermi per errore…
“Aahahah – ride – m’ha fatt. È nato perché ho sempre avuto la passione per la musica, già da piccolo storpiavo canzoni esistenti, in modo ironico. Molte delle mie stesse canzoni sono nate in questo modo, successivamente le ho riscritte in modo serio. Ho iniziato a scrivere canzoni mie ed ho sentito la necessità che qualcuno le suonasse con me. Così con gli altri membri ci siamo raccolti per strada, Salvio è un mio amico d’infanzia, lo conosco da quando eravamo piccoli, gli altri invece li ho incontrati nella scuola di musica Jam Music School in Via Roma, diretta da Oscar Montalbano e Simona de Felice. Così ci siamo conosciuti e abbiamo iniziato a fonderci.”
Dove e come nasce la tua musica?
“La musica nasce dalla necessità di doverla fare, è una sorta di esigenza creativa. Questo mi ha spinto fin dall’inizio a voler incanalare le mie spinte creative verso qualcosa che potesse unirle un po’ tutte e la musica è sicuramente quella in cui meglio riescono a fondersi.”
Hai sicuramente dei riferimenti musicali, quali?
“Ho tanti riferimenti. Alla base della nostra musica c’è il mescolare un po’ di generi, passiamo dall’hip hop al metal. Mi piacciono gruppi come i Tool, sono un grande fan di Mainard, il cantante, con tutti i suoi progetti musicali. In gioventù ho seguito molto i 99 posse, i 24 grana, il rap, in tutte le sue declinazioni. Cerco di integrare tutto ciò che ho ascoltato, tutto ciò che mi è piaciuto. D’altra parte sono sempre stato molto critico su quello che è il movente della musica, quando un movente è economico si nota, parimenti si nota se il movente è reale, spinto dalla necessità e dal bisogno. Credo che lì è la verità e la verità è quello che ho sempre ricercato.”
Le Range Fellon’ è sicuramente il tuo brano di maggior successo. Ti piace? Insomma ci sei sicuramente affezionato, ma ti piace?
“E comm nun m piac. Sì ci sono molto affezionato, è un brano che sento molto e inoltre è un brano molto aperto. Spesso lo cambio. La canzone, il ritornello è sempre lo stesso, ma le strofe le cambio spesso, mi danno possibilità di esprimere quello che sento in quel momento, e ciò mi permette di dire sempre qualcosa in più rispetto a quello che è l’originale, la registrazione stessa è un’improvvisazione fatta in studio, che poi ha trascinato con sé tutto il progetto Capitan Capitone…”
Giungiamo a Capitan Capitone e i Fratelli della Costa: come ti ha arricchito questo progetto?
“Prima di tutto mi ha dato la possibilità di lavorare con alcuni dei più grandi artisti napoletani. Daniele Sepe è un genio della musica, è un maestro in tutto, ha una padronanza del linguaggio musicale assoluta, lavorare con lui mi ha sicuramente indirizzato sul come andare avanti in questo campo.”
Hai un grande seguito tra i napoletani, un discreto pubblico. In generale come gestisci, gestite la notorietà?
“Eheh… – ride – Adesso è diverso, l’impatto iniziale è stato molto strano. Quando Le Range Fellon’ ha fatto il suo boom non ero per niente abituato ad essere riconosciuto per strada, preso, tirato, fotografato. Alla fine non abbiamo una notorietà da mainstream, quindi fortunatamente il tutto è limitato. Non abbiamo fan molesti, che ti fanno sentire il peso della notorietà. Con il tempo si inizia a gestirla, capisci che si tratta semplicemente di essere conosciuti, non cambia niente, tu non cambi.”
Il tuo nuovo progetto è Oltre: che cosa significa per te?
“Anche questo disco nasce da una necessità. È un percorso, vuole essere una bussola, quindi darci una sorta di direzione per uscire un po’ dalla monotonia e dalla rete di informazioni nelle quali siamo incastrati ultimamente tramite i social che le rendono fittissime ed intricatissime.
Siamo abituati a parlare solo ed esclusivamente di quello che vediamo e leggiamo sui social, spegnere il cellulare per una settimana mi ha fatto molto bene, devo dire.”
Hai spento il cellulare per scrivere Oltre?
“No, no, no. Ho spento il cellulare per stare oltre.”
La XX edizione dei DiscoDays, la più importante kermesse del sud Italia: che effetto ti fa suonare qui?
“Ci ho già suonato nel 2015, mi pare, ed anche due anni fa ospiti de La Maschera e tornarci quest’anno per presentare il disco nuovo è una bella esperienza, speriamo venga apprezzato quanto lo apprezziamo noi.”
Da Per errore ad Oltre come sei cambiato?
“Sbagliando si impara e si ricerca la direzione: la nostra è Oltre.”