L’educazione sessuale necessaria
Facendo un passo indietro e tornando ai banchi di scuola ricordo bene cosa mancava e cosa, oggi, ritengo sempre più necessario.
«Ho come l’impressione, guardandomi attorno, che gli adolescenti, oggi, perdano la verginità all’età in cui io mi divertivo a nutrire i ragni ma, ascoltando i loro discorsi, temo che moriranno vergini d’amore.»
Roberto Benigni
Sono nata nel 1995 e non è passato tanto tempo da quando sedevo sui banchi di scuola. Ricordo quando sul libro di scienze leggemmo il capitolo sull’apparato riproduttore e ricordo le poche parole spese anche da chi era solito parlare a lungo; mi ritornano in mente i volti rossi di noi ragazzi-bambini che non ne sapevamo ancora niente. Una cosa che ricordo bene è che, dalle medie al liceo, le classi sono quasi sempre state divise in due grandi gruppi: i belli e i brutti. L’unica cosa che nel tempo cambiava erano le modalità d’accesso.
Per passare dai brutti ai belli, infatti, non è mai stato veramente necessario essere belli: gli ingressi, a seconda dell’età, erano sanciti da una serie di fasi come l’aver avuto il/la primo fidanzatino/ina, l’aver dato il primo bacio vero o la perdita della verginità. Con il passare delle classi scolastiche i gruppi iniziavano, poi, a spartirsi (con varie sfumature) così: i vergini e i non più vergini.
Ora, alla non veneranda età di 22 anni, mi chiedo: ma due ragazzi di quattordici anni sanno davvero cosa significa fare l’amore? Non valutando l’importanza data alla prima volta un ragazzo di quattordici o quindici anni che va a letto con una ragazza della stessa età sa veramente cosa comporta quel momento?
Entriamo nel gruppo dei fighetti a scuola, sì.
Non saremmo più gli sfigati, sì.
Ma alla gravidanza ci hai pensato?
Alle malattie ci hai pensato?
No.
Ma perché?
Passiamo circa un quinto della nostra vita tra i banchi di scuola, sempre più convinti che senza studio nella vita non si può avere niente, e allora perché non si parla anche di questo a scuola?
Parole come sesso, preservativo o AIDS dovrebbero essere usate nelle scuole (e nelle età adatte) allo stesso modo in cui si usa Napoleone, moltiplicazione o Pirandello.
Il Rapporto Europeo sull’Educazione Sessuale nel 2013 dimostrava come era stata proprio un’educazione sessuale insufficiente a causare l’aumento delle gravidanze in età giovanile e un aumento delle persone che contraggono malattie sessualmente trasmissibili, delle quali spesso non sono nemmeno a conoscenza.
Oggi, periodo in cui gli adolescenti perdono – come diceva Benigni – la verginità ad età sempre più ristrette, un’educazione sessuale è necessaria: mentre nella maggior parte dei Paesi europei essa è obbligatoria per legge, in Italia ancora non si può osare nemmeno nominarla.
Le persone hanno paura a parlarne, i giovani sono restii a chiedere ai genitori per vergogna, i quali, a loro volta, hanno vergogna perché nemmeno a loro ne è mai stato parlato nel modo giusto.
Il MIUR ha provato ad introdurre l’educazione sessuale nelle scuole nel 2016 (scatenando, però, non poco scalpore), definendo, step dopo step, una graduatoria delle età giuste per parlarne e precisando esattamente di cosa parlare ad ogni fase.
Si sottolinea, infine, come sia necessario parlare tanto dei rischi quanto raccontare la sessualità come un fattore di crescita delle persone, utile e funzionale, ma per cui è necessario istruire di modo tale che venga “usato” nel modo giusto e per garantire, così, un miglior sviluppo delle persone stesse.
Partendo dal basso.
Partendo dalle scuole.
Martina Casentini