Bruciare senza fuoco
di Antonio Liccardo
Dal grande peperone dolce al piccolo ma temutissimo Carolina Reaper, passando per gli aromatici peperoncini di fiume, per scoprire che oltre la piccantezza c’è tanto altro.
Scotta? È solo questione di chimica!
Chi ama le spezie a tavola e i gusti decisi non disdegnerà di certo il piccante. Usato per esaltare i sapori degli altri elementi nel piatto, questi viene spesso associato alla sensazione di bruciore. Il bruciore è dato da una fonte di calore. Ma nel peperoncino non c’è calore, piuttosto delle sostanze che ci prendono gustosamente in giro: i capsaicinoidi. Essi sono presenti nella resina oleosa che si trova nella bacca (comunemente detta “frutto”), soprattutto nella placenta, del peperoncino. Ce ne sono tanti di questi alcaloidi, ognuno con una caratteristica differente, come la nordiidrocapsaicina (che occupa il 7% dei capsaicinoidi totali presenti) che dà aroma speziato, dolciastro, quasi fruttato, e la capsaicina (70%) che, assieme alla diidrocapsaicina (20%), è la principale responsabile del fuoco in bocca. Un fuoco fatuo, si direbbe: la capsaicina riconosce dei recettori sulla mucosa gastrica dei mammiferi (VR1 – vanilloid receptor 1) e si lega a essi, questi attivano una proteina (VR-L1 – vanilloid receptor-like 1) e in men che non si dica vi ritroverete a salivare perché “si sente” la temperatura boccale salire sino a circa 50 °C. Ma, non essendoci una reale fonte di calore, è una sensazione virtuale. Con le lacrime agli occhi, invidierete gli uccelli che sono privi di tali recettori: una probabile svolta evolutiva intelligente, perché i volatili tendono a spostarsi in zone più remote e, per questo, i semi di peperoncino vengono trasportati – e poi rilasciati – dall’apparato digerente di questi animali. Come colonizzare il mondo standosene comodamente in prima classe.
Non tutti i Capsicum sono uguali, e non tutti i Capsicum contengono capsaicina, e quelli che la contengono possono variarne la quantità: il ben conosciuto peperone non è affatto piccante, è anzi dolce, come lo è la maggior parte delle bacche appartenenti alla specie Capsicum annuum; gli appartenenti al Capsicum baccatum, come il simpatico “cappello del vescovo” per la sua forma inequivocabile, iniziano a mostrare un certo aroma, per la bassa presenza di capsaicinoidi; con i Capsicum pubescens, la specie più antica e più resistente al freddo – come il rocoto – iniziamo a imperlarci la fronte di sudore; il tabasco, in Capsicum frutescens, è già più deciso dei precedenti; arrivati ai Capiscum chinense siamo giunti all’inferno gastronomico, dai gironi magistralmente disegnati dal dottor Wilbur Scoville, inventore dell’omonima scala.
Con questa unità di misura (SHU: Scoville Heat Unit), il suddetto chimico americano era riuscito a quantificare la presenza di capsaicina in una bacca di peperoncino (16 milioni è il valore della capsaicina pura). Lo Scoville Organoleptic Test (1912) consisteva nel diluire l’estratto di peperoncino in acqua e zucchero, finché questi non neutralizzassero il “bruciore” dato dalla capsaicina.
Per intenderci, nella Scala Scoville il peperone dolce ha valore 0 SHU, il friggitello, o peperoncino verde di fiume, 5 mila (infatti è più amaro del precedente, segno che iniziano a comparire i primi capsaicinoidi), il Cayenna, noto in particolare dalle generazioni precedenti alla nostra, 50 mila e l’Habanero Red Savina, più conosciuto dalle generazioni attuali, 500 mila.
Oggi si usa la tecnica HPLC per qualificare e quantificare i capsaicinoidi del peperoncino, ma il brivido – o, per meglio dire, il calore – dell’assaggio rimane il metodo più comune. Anche per questo, in tutto il mondo si organizzano gare di resistenza all’ingestione di peperoncini superhot. E lì fiumi di sudore, lacrime e tanto latte: la caseina presente nel latte agglutina la capsaicina e la stacca dai recettori VR1. Anche l’olio e l’alcol aiutano a smorzare la fiamma. L’acqua è inutile: la capsaicina non è solubile in essa.
Ma non è detto che bisogna bucarsi lo stomaco con i peperoncini più piccanti al mondo (tra l’altro, lo stomaco non si buca e la storia delle emorroidi causate dal piccante è dura a morire: non dovrebbe accadere la stessa cosa in bocca?).
Per stare bene, un buon piatto di peperoni dolci è meglio di una spremuta d’arancia: 80 mg di vitamina C in 100 g di peperoni contro i 50 mg presenti nell’arancia. I peperoncini forti ne contengono il doppio, ma se si soffre di bruciori di stomaco meglio non darsi altre noie gastriche, anche se è stato dimostrato che un buon apporto di capsaicina ripulisce il fegato (in fibrosi epatica, quando il fegato si “cicatrizza” in seguito a un danno all’organo), inibisce la formazione di procancerogeni naturali, in particolar modo alla prostata (come indicato dai medici fitoterapeutici), ed è un toccasana contro mal di gola e raffreddore (e vorrei ben dire, con quello che si espelle!).
Può essere utile a tal proposito la paprica, specialmente quella dolce, che si ricava dal peperone essiccato e macinato: il fruttosio fa compagnia alla capsaicina e la addolcisce con la sua presenza.
Se siete sportivi, inoltre, un tocco di capsaicina infuocherà ulteriormente il vostro metabolismo; se siete giù di tono, un pezzetto di cioccolato e uno di peperoncino bruceranno la tristezza; se volete riscaldare le lenzuola, pare che sia anche un buon afrodisiaco…
Facendone un uso topico, invece, sottoforma di unguento (1 parte di peperoncino in 10 parti d’acqua), migliora la circolazione e aiuta contro le contratture.
Come avete visto, ci sono tanti peperoncini, e ce ne saranno sempre altri: essi hanno un alto tasso di ibridazione, ovvero è possibile “mischiare” i pollini di varietà diverse (che in gergo vengono chiamate cultivar) per avere, nella generazione successiva, degli individui nuovi e con caratteristiche che ricordano i “genitori”, se migliori.
È il caso del Carolina Reaper, figlio di un Habanero Rosso e un Naga Morich, attuale detentore del Guinness per piccantezza: più di 2 milioni di SHU.
Per intenderci: 20 volte più forte di un Habanero.
Per intenderci ancora meglio: lo spray al peperoncino in dotazione alla polizia americana è 2.500.000-5.000.000 SHU.
Mi viene da piangere… e da sudare!