Calcutta, l’arte, l’Italia e il niente
di Francesco Ferdinando Veneruso
Il nuovo disco del cantautore nato a latina e classe ‘89 ha colpito profondamente il pubblico italiano, riscuotendo largo successo tra i giovani e i meno giovani. Calcutta dunque sembra essere oramai pronto per raggiungere la posizione di nuovo portavoce degli italiani, il nuovo grande nome del nostro cantautorato, l’artista più importante e che meglio rappresenta il nostro Paese.
I nomi che nel tempo hanno occupato questa prestigiosa posizione sono stati tanti, eppure risulta difficile, senza un attento ragionamento, capire cos’è che rende grande un artista, e cos’è che gli permette di ergersi quale ambasciatore dei sentimenti di un popolo intero. Insomma nessuno ha mai saputo rispondere alla domanda:
“Ma in fondo poi, un artista di preciso che cos’è?”
Tema di dibattito senza dubbio caldo e ampiamente trattato, il ruolo che un artista ha nella società è direttamente proporzionale alle sue intenzioni comunicative. Indubbiamente l’artista immagina e plasma ciò che crea secondo modelli che vanno a rappresentare ciò che è un suo bisogno interiore, e dunque chiunque si appresti a creare un’ opera d’arte lo fa perché è mosso da esigenze personali, ma il fatto che queste esigenze abbiano la necessità di essere sublimate in qualcosa come una canzone, una poesia, un dipinto, un film o un racconto, è la manifestazione che dimostra che l’arte si nutre essenzialmente di concetti che non potrebbero essere comunicati tra le persone se non in questo modo. L’arte dunque è essa stessa una forma di comunicazione, un linguaggio complesso che non tutti quanti sanno adoperare.
Allo stesso modo chiunque, ascoltando una canzone che tante altre persone intorno a lui apprezzano, o leggendo un libro, o guardando un film che altri conoscono, può riuscire a comunicare cose che non essendo l’uomo medio in grado di comunicare, permettono un contatto empatico particolarmente profondo con un altro essere umano. Evidente dunque che l’artista è semplicemente colui che come un demiurgo, allinea i vari pezzi della sua opera, affinché questi abbiano un senso e comunichino un messaggio, che può essere condiviso tra tutti gli spettatori ai quali l’opera viene sottoposta.
In molti hanno sfruttato l’arte per comunicare messaggi e convincere persone a credere in cose che, se non fossero state loro presentate in questa forma, non avrebbero neanche potuto immaginare, così come tanti messaggi e tanti ideali sono stati portati all’attenzione delle masse grazie ad opere d’arte, che con il loro potere divulgativo, hanno fatto sì che il mondo cambiasse la propria opinione o semplicemente se ne facesse una, circa tematiche importanti ma che facevano fatica ad essere discusse dai più.
Dunque qui giace l’ambiguità che fa sì che alla domanda “un artista che cos’è?” non potrà mai esserci una risposta precisa e chiarificatrice: colui che crea arte e che cerca di comunicare con il mondo esterno, fa sì che ciò che comunica è ciò che il mondo ritiene importante che venga comunicato, o ciò che lui stesso, in quanto figura superiore, capace di parlare il linguaggio dell’arte, ritiene che il mondo debba condividere e comunicare?
Dunque chi è realmente un grande artista? Chi come Picasso o Van Gogh, rivoluziona il mondo intero e rende a tutti comprensibili forme comunicative e quindi stati d’animo e sentimenti che mai nessuno pensava di poter sperimentare, o chi come David fa della sua carriera artistica, la rappresentazione degli ideali del suo tempo e del suo popolo?
Ognuno può rispondere a questa domanda secondo ciò che ritiene sia più giusto, e non essendoci un punto di vista oggettivo da dover prendere in considerazione, nessuno potrà contestare la risposta di qualcun altro. Quello che però oggettivamente può essere analizzato è che un ruolo sociale svolto dall’artista è in entrambi i casi manifesto.
Calcutta ad esempio, rappresenta gli italiani nella loro incapacità di raggiungere i loro sogni di gloria, canta delle cose semplici, andando ben oltre la poesia crepuscolare, dando addirittura l’impressione di star cantando il niente stesso. La sua funzione sociale è quella di tranquillizzare il suo ascoltatore medio, dandogli la giustificazione per la sua vita mediocre, per la sua mancanza di forza di volontà, e il suo bisogno di crogiolarsi nel dolore di un Paese e di un popolo che non vuole realmente diventare grande. Nessuno costringe lui, o qualsiasi altro artista, a dare qualcosa che permetta a chi lo ascolta di crescere e migliorare, nessuno costringe l’artista a regalare alle persone qualcosa di nuovo e valido in cui credere, anzi il pubblico ringrazia per aver donato valore a quello che hanno nel loro animo, anche se ciò che posseggono è semplicemente mediocre.
Da questa sorta di mondo di mezzo dunque, l’artista guarda il mondo sottostante: alcuni decidono di diventare divinità, e di colpire gli uomini dando loro insegnamenti, dall’alto della loro superiorità, altri come Calcutta, decidono di farsi uomini e di venire ad abitare in mezzo a noi, dandoci la speranza o la semplice illusione, che forse la nostra condizione non è poi così male.