E tu sai cos’è la SAD?
di Paola Palumbo
“Dare troppa importanza all’opinione altrui è un errore universalmente diffuso… Esso esercita su tutti i nostri comportamenti un’influenza esagerata, che è nemica della nostra felicità”.
(A. Schopenhauer)
“Il giudizio altrui non mi riguarda”, ma è davvero così? Nella società odierna riusciamo a staccarci dall’opinione pubblica o viviamo condizionati da essa?
Secondo uno studio la SAD, ossia “disturbo d’ansia sociale”, colpisce il 75% delle persone tra gli otto e i quindici anni, prevalentemente di sesso femminile. Questi individui fanno fatica a parlare, a esprimersi, arrossiscono facilmente e raramente guardano negli occhi il proprio interlocutore; hanno paura di risultare ridicoli, banali, ma così facendo non riescono a esprimere al meglio la propria personalità. Si nascondono dietro una corazza, tentano sempre di stare in secondo piano.
Attenzione: non bisogna confondere la timidezza con la SAD: infatti la prima viene considerata positiva, mentre la seconda negativa, poiché limitante nelle relazioni e nelle aspirazioni. L’ansia sociale provoca attacchi di panico, paura, tutto viene ingigantito e non si può godere mai a fondo del momento che si sta vivendo.
Già nel XIX secolo un filosofo fu in grado di comprendere questa fobia. Arthur Schopenhauer scrisse Il giudizio degli altri, nel quale analizzò il difetto che attanaglia la maggior parte degli esseri umani: la paura di essere giudicati.
Motivo di infelicità perenne, porta gli uomini ad accontentarsi. Perché vivere in base a ciò che gli altri desiderano per noi? Perché rinunciare ai nostri sogni per paura?
Proprio per questo il filosofo tedesco invita gli uomini a fare ciò che li fa stare bene, poiché gli altri molte volte parlano per invidia, superficialità e ignoranza…
Non è facile uscire da questa sorta di “limbo” in cui le persone si rinchiudono; l’esterno sembra troppo grande, troppo rumoroso, quindi preferiscono la pace e la tranquillità, anche se la SAD porta a tutto tranne che a questo. Gli uomini tendono a mantenere una “facciata sociale”, ossia a salvaguardare il proprio onore, a costo di sacrificare la propria passione e il proprio pensiero. È così che si diventa infelici. Infatti i giovani d’oggi per sentirsi disinibiti tendono a bere molto, illudendosi così di riflettere di meno su ogni loro azione, ma non è così che funziona, non è così che si affrontano i problemi. Dobbiamo essere responsabili, comportarci come meglio crediamo, prendere le nostre decisioni a mente lucida e affrontarne le conseguenze! Bisogna reagire, non farsi fermare da ciò che gli altri possono credere, perché in fondo resterà un loro pensiero.
Ognuno di noi sa quanto vale, sa com’è fatto, sa quali sono i suoi scopi e le sue aspirazioni; gli altri possono solo supporre e credere di sapere, ma la verità è dentro ognuno di noi.
Essere criticati è un qualcosa di inevitabile, la gente parlerà sempre, a prescindere da quello che farai.
“Chi è consapevole di non meritarsi un’accusa può tranquillamente ignorare, e così farà”.