Walter White: al di là del principio di piacere
di Ferdinando Ramaglia
Breaking Bad non è di certo una serie che è passata inosservata durante questi anni. Dalla sua fine nel 2013, ha lasciato un enorme vuoto nei fan; un’incolmabile nostalgia che trova un lieve conforto nello spin-off Better Call Saul ma che, nonostante questo, non appaga il nostro desiderio di vedere emergere dalle ceneri Heisenberg, l’alter ego che ha dominato il docile professore di chimica Walter White.
Possiamo dire che ciò che rende una serie come Breaking Bad unica nel suo genere è la grande evoluzione psicologica del personaggio di Walter White:
un uomo “normale” e affidabile, pacato e apparentemente ingenuo, un padre esemplare di una famiglia “felice”, che diventa un astuto, spietato e ingegnoso, nonché temuto trafficante di droga.
Questa inversione della sua personalità può essere spiegata solo a partire da una considerazione: forse non tutti siamo padroni di noi stessi come pensiamo di essere.
Nonostante il fatto che Walter White provasse dispiacere, tensione e turbamento nel fare cose non conformi alla propria persona – che ricordiamoci, credeva di essere! -, egli continuò il suo percorso verso Heisenberg, verso la direzione opposta a quel piacere: ciò significa che c’era dispiacere per una istanza della sua persona, ma piacere per un’altra.
Freud quando delineò la scomposizione dell’apparato psichico descrisse tre istanze: Es, Io e Super Io.
L’Io è l’istanza a cui è assegnato il compito di essere il polo difensivo della personalità, che ha il compito di “razionalizzare” tutto il materiale che, se passasse solo per per l’Es sarebbe attuato senza filtri. Quest’ultima istanza (l’Es) invece rappresenta il polo pulsionale della personalità, senza spazio, controllo e tempo. Il Super Io invece rappresenta l’istanza “ipermorale” che giudica la nostra persona, da cui deriva il nostro senso di colpa.
Ad un certo punto della sua trattazione sulla strutturazione dell’apparato psichico, Freud fa una constatazione che mette in crisi ciò che è più caro agli uomini: la sicurezza di essere sicuri del proprio Io. Cioè egli afferma che l’Io è in gran parte INCONSCIO, ciò significa che questa istanza non è così autonoma come pensiamo, ma che essa, anzi, affonda nell’Es o, meglio ancora, nasce da una incapacità dell’Es di dominare il dispiacere che proviene dal mondo esterno.
Dunque, forse ci sembra lecito ipotizzare che Walter White, non è mai stato veramente il professor White, nemmeno l’amato “Walt” di Skyler e nemmeno l’ingenuo cognato di Hank: quindi chi è Walter White?
Lasciamo in sospeso questa domanda, a cui risponderemo a breve.
Adesso la questione è un’altra: perché Heisenberg non si è manifestato fin da subito? Dov’era Heisenberg?
Se facessimo un parallelismo diremmo che Heisenberg è l’Es di Freud, ma sarebbe scorretto perché l’Es è tutt’altro che freddo, calcolatore e organizzato come Heisenberg, anzi, è il contrario; ma ciò che l’alter ego di Walter White condivide con questa istanza è il desiderio di vendicarsi, dominare e assoggettare l’Io di Walt affinché tutto quello che faccia coincida con la sua voglia di soddisfare il piacere; nell’Es, come in Heisenberg, domina il principio di piacere.
Ma ricordiamo: è un piacere solo per l’Es, solo per Heisenberg! Dunque è al di là del principio di piacere.
Per Walt è solo dispiacere, perché deve combattere non solo con la voglia di soddisfare il desiderio di Heseinberg (Es), fallendo continuamente, ma anche con ciò che non potrebbe essere accettato dalla sua famiglia. Questa famiglia rappresenta il suo Super Io, in particolar modo Skyler, che punisce, giudica e condanna tutti i tentativi di Walter di riuscire a “pagarsi le cure”.
Ma non abbiamo ancora risposto alla domanda sulla genesi di Heisenberg.
Se vogliamo intendere quest’ultima personalità come un bisogno di riscattarsi, di vendicarsi ed emergere, non possiamo non ricondurla al risentimento per il successo del suo ex collega Elliott, che eredita da Walter White la Gray Matter Technologies, con cui diventerà miliardario.
Infatti quando Elliott si offre volontario per pagare le cure di Walter, egli lo rifiuta. È più forte di lui! Non può far pagare a qualcun altro con i soldi e il successo che sarebbero spettati a lui. La resistenza è troppo forte. Deve riscattarsi da questa umiliazione in qualche modo.
Ma tutta questa frustrazione, tutti questi contenuti inammissibili – il tenero Walt non potrebbe mai odiare il suo amico -, in qualche modo devono trovare una innervazione verso l’esterno.
Il prodotto di questo “disimpasto pulsionale”, come direbbe Freud, tra il legame affettivo verso l’amico, la voglia di dargli una lezione e il desiderio di ciò che avrebbe voluto essere, diventa Heisenberg.
Questa tesi trova conferma in una frase, cioè nell’ultima puntata della quinta stagione quando Walter White, ormai Heisenberg, afferma davanti a Skyler:
“L’ho fatto per me. Mi piaceva farlo. Ed ero molto bravo. E… mi sono sentito… mi sono sentito vivo.”
Ritorniamo alla domanda lasciata in sospeso: Chi è Walter White?
Tutti noi siamo Walter White, ognuno a proprio modo: nelle nostre pretese di essere accettati dagli altri inibendo ciò che vorremmo realmente, nel nostro pensar male e non dirlo, nelle gelosie, nel buonismo. Tutti, prima o poi, abbiamo a che fare con l’Heisenberg che è in noi.
disegno di Giulia Nappi