“UN LUOGO TRANQUILLO” PER ARNOLD BOCKLIN
di Ilaria Aversa
Anno 1880. Un ricco e misterioso mecenate di nome Alexander Gunther commissiona all’artista Arnold Bocklin un quadro per la sua personale collezione. Probabilmente ispirato da una visione onirica, il pittore realizzerà “L’isola dei morti”, originariamente chiamato “Un luogo tranquillo”, immagine che sembra voler descrivere il momento in cui l’anima, attraversando il mare che separa la vita terrena da quella spirituale, attracca sulla sponda sconosciuta.
In effetti, l’androgino personaggio presente a poppa della barca in legno pronta ad attraccare sull’isola dovrebbe alludere alla figura di Caronte, traghettatore infernale della commedia dantesca, mentre in piedi, a prua, un’ammantata sagoma bianca rappresenterebbe un’anima trasportata nel regno dei morti.
L’aria che si respira è macabra, scura, avvolge l’osservatore in un’atmosfera profondamente lugubre e mortifera. L’isola si presenta come uno scoglio emerso dalle acque, frastagliata ed abbandonata, mentre la luce ed i colori contribuiscono a rendere il tutto pesante, estremamente ovattato.
Prima e seconda versione (1880)
Tuttavia, questo vale solo per le prime due versioni, in quanto l’originale venne talmente apprezzata che ne furono richieste delle riproduzioni. La terza e la quinta versione differiscono dalle prime due per la luminosità presente che sembra trasportare in un mondo fantastico, quasi “tolkieniano”.
Terza e quinta versione (1883 e 1886)
Della quarta versione esistono solo fotografie in bianco e nero, poiché venne distrutta durante la seconda guerra mondiale.
Sembrerebbe, inoltre, che ci siano diverse interpretazioni sull’identificazione dell’isola nella realtà: in molti affermano si tratti dell’isola di San Giorgio a Montenegro, altri suppongono sia la rivisitazione della greca Pontikonisi, alcuni azzardano addirittura alle isole campane di Capri o Ischia.
Se sia frutto di viaggi reali o di pura fantasia non ci è dato sapere, ma in ogni riproduzione persevera la sensazione di immobilità e fascino che quest’opera riesce ad offrire. La sua unicità sta nel saper suscitare in ogni osservatore emozioni diverse.
C’è chi ammette di esserne rimasto incantato, chi invece ha provato disagio nei confronti della caducità della vita che l’opera ispira. Come, d’altronde, per l’arte in generale, questo quadro permette di scavare nell’inconscio della mente umana, nelle sue paure più profonde, tra cui lo sconforto nel non conoscere la propria sorte dopo la morte: l’angoscia nel non sapere cosa ci aspetta sull’isola, nascosto fra la vegetazione, una volta attraversato il mare del non ritorno.