Ettore Majorana: “Nessuno mi ritroverà mai”
di Francesco Ferdinando Veneruso
La storia della scomparsa di Ettore Majorana è una di quelle che pervadono l’opinione pubblica, perché ci colpisce molto più in profondo di quanto ci sembra, facendo sì che ancora oggi, a ottanta anni dalla sua scomparsa, egli sia una figura da studiare e sulla quale si cerca di fare chiarezza.
Il piccolo Ettore, un ragazzo magro nato a Catania, si fece ben presto notare per le sue incredibili doti e già da giovanissimo fu accostato all’istituto di via Panisperna a Roma, sede della scena intellettuale italiana, dove numerosissimi fisici si radunavano alla corte dell’altro grandissimo nome della scienza della nostra penisola, ossia Enrico Fermi.
Majorana fu una figura totalmente diversa da Fermi, anche se entrambi portarono avanti studi sulla struttura dell’atomo che ebbero grande successo in Europa e in tutto il mondo. Fermi era un personaggio estremamente estroverso tanto da aver radunato attorno a sé una vera e propria corte di studiosi, scienziati e fisici.
Al contrario il giovane ragazzo catanese era molto timido e non riuscì mai a entrare in empatia con gli altri componenti del gruppo, che lo guardarono sempre con interesse poiché troppa era la genialità che Ettore mostrava, ma forse all’interesse subentrò anche una certa invidia.
Infatti Ettore ebbe modo di frequentare anche altri scienziati europei, in particolare tedeschi; molte lettere oltre che alcune fotografie mostrerebbero come egli strinse una forte amicizia con gli intellettuali degli istituti di Lipsia e Copenaghen, tra i quali anche Werner Heisenberg.
Dunque da qui sono partite le nuove teorie circa il perché questo incredibile genio abbia deciso di prendere una nave dal porto di Napoli la notte del 25 marzo 1938 diretta a Palermo e di lì far perdere le sue tracce tanto da essere stato dichiarato morto due giorni dopo, il 27 marzo dello stesso anno. Come mai Majorana ebbe maggiore facilità a fare amicizia con gli accademici tedeschi, mentre tra gli italiani non fu mai realmente integrato?
Durante la seconda metà degli anni ‘30 numerosi scienziati si dispersero in giro per l’Europa e il resto del mondo a seguito della diffusione delle leggi razziali. In particolare molti grandi studiosi furono reclutati per un progetto top secret indetto dal governo americano, il progetto Manhattan, che mostrerà al mondo l’arma più forte che l’uomo abbia mai costruito: la bomba atomica.
Tra i direttori del progetto, insignito di una posizione di grandissima importanza, figurava proprio il fisico Enrico Fermi. Numerose testimonianze letterarie mostrano come quest’ultimo provasse una forte invidia nei confronti del collega più giovane; probabilmente fu proprio a partire dal suo componente più influente che il gruppo di via Panisperna sviluppò una certa apatia nei confronti di Majorana.
Inoltre è poco credibile che tra le menti geniali che il governo degli Stati Uniti radunò per questo progetto nessuno abbia pensato di inserire anche Majorana.
Dunque secondo nuove teorie, Ettore Majorana comprese perfettamente, avendo egli stesso studiato l’atomo, la portata distruttiva che si celava dietro gli studi che gli americani facevano compiere agli scienziati partecipanti al progetto Manhattan e con ogni probabilità fu contattato o entrò in contatto con persone che volevano che anch’egli vi prendesse parte.
Sentitosi il solo a conoscere una verità così sconcertante poiché tutti i colleghi che potevano comprendere la pericolosità di tale progetto preferirono collaborare e seguire Fermi, Majorana fu preso da una terribile preoccupazione.
Aveva timore di sapere troppo, di risultare scomodo, addirittura di poter essere eliminato in virtù di ciò che stava per essere costruito e che doveva ovviamente rimanere estremamente segreto e forse proprio perché non poteva confidarsi con nessuno e non riuscendo a sopportare il peso di una tale verità decise di scomparire per sempre.
Nessuno sa precisamente che fine abbia fatto: lui stesso in una delle ultime lettere inviate a uno dei suoi fratelli, che per anni lo cercarono invano, scrisse: “Nessuno mi ritroverà mai”, a dimostrazione di come una mente geniale come la sua fu geniale anche nel progettare la fuga.
Majorana sarebbe dunque la vittima di un mondo dove il genio è al servizio del migliore offerente, e non al servizio del bene dell’umanità stessa.