Intervista a Ruben Curto
di Luisa Ruggiero
Ruben Curto è un giovane fumettista partenopeo. Ha studiato presso l’istituto d’arte di Sorrento, coltivando da sempre il suo amore per le storie ‘e merd… ops volevo dire per l’arte. Al momento l’artista oltre a lavorare su numerosi progetti personali insegna alla Scuola Italiana di Comix a Napoli.
Ha esordito nel mondo del fumetto lavorando come colorista su due progetti della casa editrice napoletana GGstudio. Successivamente si è affacciato sul mercato americano dapprima come copertinista per la casa editrice Zenescope e poi come colorista per l’Aspen comics.
È entrato poi a far parte del collettivo di artisti napoletani Artsteady, Dayjob e Blatta Production con i quali collabora ancora oggi su progetti personali e di gruppo, contemporaneamente ha fatto esperienza nel campo dell’autoproduzione creando “Storie ‘e merd!”. Sì, nel vero senso della parola. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo.
Basta fare ironia sul titolo del tuo masterpiece, se dico masterpiece mi capisci no? Hai avuto pure a che fare con gli americani… Piuttosto dimmi, come è nato questo titolo ‘e merd?
«Per pararmi il culo. È stato il mio primo fumetto da autore completo, di conseguenza ero molto consapevole del fatto che come prima opera sarebbe potuta risultare una ciofeca.
Un fumetto intitolato così non puoi prenderlo troppo sul serio e se pure pensi che sia merda non puoi lamentartene perché te lo dice lo stesso titolo.
Se invece ti piace significa che ti ho destabilizzato; pensavi di trovare merda ed invece hai trovato una perla. In tal modo accontento tutti, dai detrattori ai potenziali fans.»
A parte gli scherzi “Storie e merd!” è a mio parere una delle migliori autoproduzioni italiane contemporanee in questo ambito. Scenari post-apocalittici immersi in una ricca tavolozza di colori, quali potrebbero nascere dai liquami sversati in un corso d’acqua. La terra devastata dall’intervento umano, umani poco umani e quindi, proprio per questo, troppo umani disillusi e svogliati, che si esprimono in un napoletano che alle volte cede il passo ad una lingua nuova, giocosa, inventata per l’occasione dal nostro autore. Ma a cosa ti ispiri per scrivere queste storie di merda? (Tanto si è capito che continuerò a fare ironia sul titolo)
«“Storie “e’ merd” è un coacervo di situazioni più o meno realistiche, esasperate, caricaturizzate ed inserite in un contesto fantastico.
L’ispirazione mi viene da tanti episodi più o meno reali o leggendari avvenuti nella mia provincia e da disavventure adolescenziali e postadolescenziali che vivevo quotidianamente con i miei amici “sballatoni” di allora.
In più mettiamoci che io sono un grande fruitore e fan di serie di genere politicamente scorretto come South Park, Futurama, Rick & Morty, Bojack Horseman, I Simpson e l’approccio alla scrittura è molto simile a quel genere. D’altronde uno dei miei fumettisti preferiti è Andrea Pazienza che usava spesso dialetti e slang mischiati e reinventati nelle sue storie brevi ed in un sacco di sperimentazioni.
Insomma prendi una pentola, mischiaci tutta sta roba con dosaggi più o meno variabili a seconda di quello che trovi per primo sulla credenza e riscalda nel forno a 90°. Un po’ come quelle cose che si cucinano quando si ha la fame chimica mettendo un po’ di cose a caso. In questo caso la fame chimica è il desiderio di racconto. È così che più o meno nasce un episodio di “Storie ‘e merd!”»
I tuoi personaggi infatti non sono propriamente degli eroi…
«Non mi ha mai esaltato parlare di eroi, non ne ho mai conosciuto uno.
Preferisco parlare di cose che conosco piuttosto che di cose idealizzate o stereotipate. Gli archetipi nelle mie storie cozzano continuamente con i protagonisti piuttosto che essere i protagonisti stessi.»
C’è qualcuno in particolare a cui sono ispirati? Te ad esempio…
«Beh, in effetti, Phil si può considerare il mio alter ego della post-adolescenza. Catello è ispirato a un sacco di atteggiamenti tipici della gente cazzara, tutti hanno almeno uno o due amici molesti e rompicoglioni a cui però per qualche assurdo motivo si vuole comunque bene. Rizla è forse la classica ragazza da “centro storico”, sballatona e alternativa ma con un piglio un pò “vrenzolo”. Formighelli è un alter ego più adulto e sfigato.»
Hai progetti futuri? O sei disilluso come i tuoi personaggi?
«Ho difficoltà a pensare ad un futuro che vada oltre la settimana prossima.
Ho un sacco di idee e soggetti che per ora metto su carta poi si vedrà quale riuscirò concretamente a portare avanti. Di quelli più importanti non ne parlo mai, un po’ per scaramanzia, un po’ perché non voglio risultare uno di quelli che parlano parlano e poi sembra che non fanno niente.
Prima faccio e poi ne parlo.»
Dove sei stato al COMICON?
«Allo stand E28 con il collettivo Blatta Production, ho portato i miei fumetti e in più abbiamo presentato il nostro progetto collettivo “Fumettisti contro Youtubers”. Una mini raccolta antologica con le storie di sette autori che seguono appunto il tema del titolo.
Ruben comunque ora abbiamo finito ti devo chiedere una cosa. Io continuavo a dire sì sì, credo sia il suo nome vero, ma senza convinzione, la mia amica manco è tanto convinta, Ruben Curto pare un nome da supereroe sfigato, svelaci quest’arcano mistero…
«Sì è il mio vero nome. In Spagna o in Sud America ti direbbero che è un nome normale. I miei genitori erano degli artistelli di provincia, uno scriveva, l’altra dipingeva. Volevano fare gli sbarazzini dando nomi atipici ai propri figli. Poteva andarmi peggio…»