Sartre VS Camus: un’amicizia esistenzialista
di Carolina Niglio
Jean-Paul Sartre e Albert Camus furono sempre vicini nonostante le loro differenze, dalla nascita fino alla faida sulla natura dell’esistenzialismo.
Camus proveniva da una povera famiglia algerina, mentre Sartre da un background della Francia borghese: entrambi, però, avevano fatto parte dalla parte della Resistenza francese durante la Seconda Guerra Mondiale e adoravano fumare.
Anche se di persona si presentarono nel 1943, la sera della prima di Le Mosche, opera teatrale di Sartre, quest’ultimo conosceva già Camus dal 1938 quando questi, venticinquenne, recensì, per Alger républicain, La nausea. Il più giovane dei due, nonostante la laurea, era più un giornalista, uno scrittore, e mancava di quel rigore accademico che Sartre invece possedeva, provando così per la sua opera più famosa il conforto di chi ha trovato qualcuno con cui condividere il senso dell’assurdo. Lo stesso Sartre apprezzava molto l’opera di Camus Lo straniero.
Da quel momento in poi i due andarono in giro insieme a fare i donnaioli. Uno dei primi momenti di rottura ci fu quando l’amante di Sartre, Simone De Beauvoir, offrì a Camus di andare a letto insieme. Ancora più curioso fu il fatto che Sartre se ne dispiacque non tanto per l’offerta in sé, quanto per il fatto che Camus avesse rifiutato la sua bella amante.
Nella Parigi post-bellica Sartre e Camus si frequentano nei caffè e nella casa editrice Gallimard. I due più importanti scrittori di Francia, accomunati da tutti sotto l’etichetta dell’esistenzialismo, sembravano più vicini che mai. Come molte amicizie, però, molto spesso divertirsi insieme non basta: furono l’esistenzialismo e la politica a dividerli.
Potevano entrambi affermare che “l’uomo è condannato ad essere libero”, ma, mentre Sartre descriveva questa condizione come nausea (e quindi in termini pessimistici), Camus dà una via d’uscita all’uomo in quanto tale: accettare l’assurdo, vivere lucidamente la sfida dando vita a una rivolta per ri-ottenere la propria libertà.
Ma la vera rottura, che si ebbe nel 1952, fu dovuta alla politica comunista e, a un livello più filosofico, al valore della vita umana. Nonostante le simpatie comuniste, Camus non accettò la nuova posizione di Sartre che, nei primi anni Cinquanta, arrivò ad affermare ne I Comunisti e la pace che solo la rivoluzione marxista-leninista guidata dal Partito poteva garantire all’uomo la piena libertà. Infatti, ne L’uomo in rivolta, Camus rifiutò categoricamente l’idea che una rivoluzione, qualunque ne fosse lo scopo, richiedesse di sacrificare la vita umana (come è successo nei Gulag). Si aprì una frattura insanabile fra i due.
Molti anni dopo la morte di Camus in quell’incidente che non lasciò scampo a lui e Michel Gallimard, Sartre ricorderà: «Probabilmente Camus è stato l’ultimo caro amico che ho avuto».