Oh my darling Clementine, ho usato l’elettroshock per dimenticarti
Unisci un ragazzo piuttosto introverso con la più eccentrica delle persone che conosci e avrai una coppia non molto distante da quella formata dal taciturno Joel e la coloratissima Clementine. L’amore, per quanto intenso possa essere, a volte non basta per portare avanti una sana convivenza.
La fine di una relazione importante può essere talmente dolorosa da indurci a desiderare di rimuovere ogni ricordo della persona amata. Sogno o fantascienza? In realtà, non è così impossibile come pensate…
Come Eternal Sunshine Of The Spotless Mind (2004) possa essere stato trasformato nella traduzione italiana in un titolo da commediola americana resta per me, ancora oggi, un grande mistero. Cosa sarà mai successo all’infinita letizia della mente candida di cui parlava Alexander Pope, per diventare un capriccioso Se mi lasci mi cancello?
Penso sia opinione comune, di chi ha visto il film e può confermare, che il titolo italiano dia alla pellicola un’accezione di leggerezza che non gli appartiene e che si scontri con la profondità emotiva con cui vengono affrontate molte tematiche.
Sta di fatto che la storia di Joel e Clementine non si discosti poi più di tanto dalla realtà di molte coppie, che stanno vivendo o hanno vissuto problemi di comunicazione o un’incompatibilità emersa nel corso degli anni passati insieme.
In questi casi, chi è che sbaglia? Nessuno dei due, probabilmente.
Spesso si tratta di incomprensioni dovute a diverse propensioni caratteriali, eppure si tende sempre a voler scaricare la colpa sull’altro senza pensare che il dialogo avrebbe salvato la situazione prima che andasse alla deriva – “Parlare in continuazione non significa comunicare”.
Al termine di una relazione, duratura o meno che sia, quando il rancore accumulato ad ogni scontro verbale diventa un peso troppo grande da sostenere, la soluzione sembra essere solo una: dimenticare. Ed è quello che decideranno di fare prima Clementine e poi Joel a seguito dell’ennesima discussione del loro rapporto ormai turbolento, affidandosi a una clinica, la Lacuna Inc., specializzata nella rimozione totale di ricordi dolorosi legati a una persona o un particolare avvenimento.
In cosa consiste la procedura a cui si sottoporranno? Nulla di troppo complicato: basterà raccogliere ogni traccia della persona in questione, quindi regali, fotografie e oggetti riconducibili a lei in qualche maniera, che i tecnici si premurranno di far sparire, e in una sola notte, tramite un macchinario che esegue una mappatura della mente sulla base degli oggetti forniti, tutti i ricordi legati ad essa saranno spariti.
Ciò che sembra essere frutto dell’immaginazione del regista, Michel Gondry, in realtà somiglia molto nei suoi effetti a un rimedio estremo che viene talvolta adoperato in psichiatria: la terapia elettroconvulsionante, più comunemente chiamata elettroshock.
La TEC (terapia elettroconvulsionante) si basa sull’induzione nel paziente di una crisi epilettica generalizzata a seguito del passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello. L’effetto “terapeutico” risiede nelle convulsioni, che in passato venivano indotte in modi talvolta mortali per chi vi si sottoponeva.
Il ricorso alla corrente elettrica è stato, da parte dei neurologi italiani Ugo Cerletti e Lucio Bini, una maniera per rendere più controllata e metodica questa pratica, perfezionata nel corso degli anni al fine di limitare i suoi – ahimè, inevitabili – effetti collaterali.
Al paziente, che deve restare a digiuno per le otto ore precedenti la procedura, viene somministrato un anestetico, per addormentarlo e non fargli sentire dolore, e un rilassante muscolare per evitare che le violente contrazioni possano fratturare ossa o causare lesioni interne; in particolare, viene bloccata la mandibola per impedire che durante le convulsioni i denti possano ledere la lingua o rompersi urtando violentemente tra loro.
Le tempie vengono inumidite con una soluzione salina e vengono applicate due piastrine all’esterno dell’emisfero non dominante del cervello, solitamente il destro (per questo, le TEC degli ultimi anni vengono definite unilaterali). La corrente elettrica continua che viene fatta passare attraverso il cervello ha un’intensità di 0,9 Ampere, l’energia è di circa 24 Joule e il voltaggio di circa 100-110 V. La scossa dura non più di 0,14 secondi, mentre le convulsioni che ne conseguono vanno dai 10 ai 40 secondi.
Questo processo riattiva di colpo i neurotrasmettitori, incrementando enormemente la produzione di noradrenalina, carente in casi di grave depressione. Quando gli antidepressivi non bastano, si ricorre all’elettroshock per fornire ai pazienti dosi elevatissime di quest’ormone che, in dosi equivalenti, con l’intervento farmacologico risulterebbe tossico per l’organismo.
Le conseguenze sono però devastanti: viene danneggiata la barriera emato-encefalica che serve a proteggere il cervello da sostanze tossiche provenienti dal sangue, il cui circolo è incrementato notevolmente durante le convulsioni, alterando l’attività fisiologica e cellulare del tessuto celebrale. Ne deriva uno stato di confusione permantente, la perdita dell’orientamento spazio-temporale e soprattutto della memoria.
L’aspetto che ha più interessato scienziati e ricercatori è stata la perdita di ricordi anche a lungo termine, per cui si pensa a un modo per sfruttare l’elettroshock in casi di Disturbo Post-Traumatico da Stress. L’idea è quindi quella di eliminare i ricordi dolorosi, evitando l’utilizzo di antidepressivi che a lungo andare perdono efficacia e necessitano un aumento del dosaggio. La ricerca continua, specialmente con l’intento di non rendere invalidante come un tempo l’utilizzo di una pratica tanto invasiva come l’elettroshock.
Sicuramente, la fama negativa legata a questa pratica è dovuta ai metodi violenti con cui veniva applicata in passato, anche utilizzata come strumento di tortura, alimentata dal cinema e la letteratura che non hanno mostrato l’aspetto terapeutico della questione, accrescendo l’alone di terrore che grava su di essa.
E se un giorno fosse possibile eliminare una persona dal nostro passato, c’è qualcuno che avrebbe il coraggio di farlo? Sareste disposti a perdere il ricordo di un’esperienza che ha cambiato per sempre la vostra vita per un briciolo di falsa spensieratezza?
Vi lascio una citazione di qualcuno che, avendo subìto numerose sedute di TEC, sapeva più di altri ciò a cui si va incontro sottoponendovisi.
“Bene, che significato ha distruggere la mia testa e cancellare la mia memoria, che è il mio capitale, e impedirmi di lavorare? È stata una cura brillante, ma abbiamo perso il paziente.”
Era Ernest Hemingway.