Il paese della parrucca
di Federico Mangione
No, qui non si parla di un film sull’Inghilterra del XIX secolo o sulla Francia pre-napoleonica. Il paese di cui parliamo è Non è un paese per vecchi e la parrucca in questione copre la testa di un solo uomo: Javier Bardem.
La prima volta che ho guardato Non è un paese per vecchi – nel lontano 2009 – avevo sedici anni, ero solo a casa ed erano le due di notte. Il risultato fu che dormii per mezzo film – non per la stanchezza, ma per la paura, non sono mai stato un cuor di leone – e una volta finito tirai un sospiro di sollievo, andando a letto, ma non riuscendo a chiudere occhio. Mi sono poi chiesto, guardandolo di nuovo, quale fosse stato il motivo di tanta “fifa”. Eppure ero abituato ai thriller e agli spargimenti di sangue, non era certo quello il problema, anche se i Coen non ci sono certo andati giù leggeri. Alla fine, dopo una lunga analisi introspettiva, ho capito quale fosse il problema: la parrucca di Javier Bardem. Non è l’unica volta in cui l’attore spagnolo viene conciato ad arte per recitare la parte dello psicopatico – vedi la parte di Silva in Skyfall, penultimo film di 007 – eppure i fratelli più amati del cinema (almeno da me) sono riusciti a confezionare un character perfetto, scegliendo l’attore perfetto e facendogli indossare la parrucca perfetta: è l’acconciatura da scolaretto che dona al killer col compressore quel quid in più che ha determinato il successo del personaggio. Josh Brolin e Tommy Lee Jones poi completano il quadro perfetto: un elenco infinito di premi e nomination in tutte le rassegne più importanti del cinema mondiale. Non so se sia il punto più alto del cinema dei Coen. Guardando il palmares si direbbe di sì. Quel che è certo è che si inserisce nel solco delle altre due più grandi pellicole dei fratelli di Minneapolis: Fargo e Il grande Lebowski. Due autori che hanno spaziato in diversi generi cinematografici, dando sempre una caratteristica patina comica – spesso da black comedy – ai loro film e, nonostante questo, non perdendo mai di credibilità.
Il miglior film del 2007 è un grande esercizio di stile, oltre che di scrittura. Una pellicola estremamente precisa nella sua tecnica, sia per il montaggio che per la fotografia, sia per la maestria nello sfruttare il fuori campo e nell’andare oltre la messa in quadro.
Insomma, in una cineteca di un certo livello, Non è un paese per vecchi è un film che faccio fatica a pensare che possa mancare, proprio per tutti gli elementi che lo caratterizzano: due autori eccezionali, una messa in scena impeccabile, una storia avvolgente, un cast eccellente e, ovviamente, una parrucca inquietante.
disegno di Francesco Marinelli