L’aria tra di noi – Le più belle lettere d’amore LGBT di tutti i tempi
La domanda è stata fatta in ogni modo possibile, utilizzando metafore e parafrasi pur di non sentirla nella sua dolorosa, necessaria banalità: che cos’è l’amore?
È una questione che ha tenuto occupate le menti più brillanti della storia, artisti, filosofi, scrittori che mai ne sono riusciti a dare una definizione che ne potesse soddisfare l’oggettività – tanto che i filosofi greci teorizzarono almeno sei forme diverse d’amore.
Eppure, non c’è niente che possa rispondere meglio a questa domanda delle lettere che nel corso delle epoche si sono scambiati milioni di amanti, e nelle quali il loro mondo personale, pur rimanendo loro intimo, è capace di rappresentare il mondo intero.
Di seguito, alcune delle più intense, struggenti e affascinanti lettere d’amore, dalle penne dei più intensi, struggenti e affascinanti esponenti della comunità LGBT della storia e, dunque, del mondo intero. Provare a non immedesimarsi è uno sforzo inutile. La resistenza, qualunque resistenza, è vinta dall’amore.
- Virginia Woolf e Vita Sackville-West
Il fluido protagonista di quel romanzo d’avanguardia della Woolf che fu Orlando era stato cucito sulla base delle fattezze e caratteristiche della poetessa inglese Vita Sackville-West, così tanto che poi il figlio della Sackville-West, Nigel Nicolson, descriverà l’intero libro come “la più lunga e incantevole lettera d’amore di tutti i tempi”. Ma le due donne si scambiarono anche una gran quantità di lettere d’amore reali, durante la loro lunghissima relazione. Nel gennaio del 1927, Virginia le scriveva:
Guarda, Vita, lascia stare: abbandona il tuo uomo e raggiungimi. Ceneremo sul fiume e poi passeggeremo e berremo una bottiglia di vino, ed io diventerò brilla e ti dirò tutte le cose che non oso dirti ma che ho nella testa, miliardi, miriadi di cose – non ci crederesti di giorni, solo nel buio vicino al fiume potrebbero essere vere. Pensaci. E poi vieni da me.
Lo stesso mese, pochi giorni dopo, Vita avrebbe risposto con una delle lettere più dolci e oneste che siano mai state scritte:
Sono ridotta ad una cosa che vuole Virginia. Avevo scritto una lettera meravigliosa, lunga e articolata, questa notte, ma ora mi sembra inutile: semplicemente mi manchi, in un modo disperato e umano.
- Allen Ginsberg e Peter Orlovsky
Da un meraviglioso volumetto del 1998 (My Dear Boy: Gay Love LettersThrough the Centuries), veniamo a conoscenza dell’appassionata, delirante corrispondenza tra il padre della Beat Generation, Allen Ginsberg, e il poeta Peter Orlovsky. È una corrispondenza spezzettata e piena di errori di battitura che parla della necessità di scriversi e di sentirsi, oltre le regole e l’ortografia.
Durante un momento di separazione a causa di uno dei viaggi di Ginsberg, Orlovsky gli scrive, da New York:
[…] Non preoccuparti, caro Allen, qui le cose vanno bene – ti aspetto, cambieremo il mondo a nostro piacimento – anche se dovremmo morirne – ma OH, il mondo mi porge 25 arcobaleni sul vetro della nostra finestra.
E Ginsberg, in una lettera datata pochi giorni dopo San Valentino, non sa fare altro che citare Shakespeare, come solo un poeta innamorato potrebbe fare:
Sono circondato da scribacchini folli e aridi qui, e avevo bisogno di parole calate dal paradiso come quelle che mi hai scritto tu. “Quando penso a te, mio caro / tutto ciò che ho perso mi ritorna / tutte le infelicità sono ripagate”: è Shakespeare, non riesco a togliermelo dalla testa. Doveva essere innamorato e felice anche lui, quando ha scritto questo sonetto… Sai, non c’avevo mai pensato. Scrivimi presto, ti dedicherò poemi lunghi come preghiere come se fossi tu il dio cui prego.
- John Cage e Merce Cunningham
Compositore, artista, scrittore e buddhista zen, John Cage diede origine ad un’estetica del silenzio, eppure le sue meravigliose lettere al ballerino e coreografo Merce Cunningham parlano tanto, e bene, di un amore che ha vinto qualsiasi ostacolo, dal precedente matrimonio di Cage e fino alle distanze geografiche a volte enormi a cui erano costretti e sottostare.
In una delle prime lettere che i due si scambiarono, datata 1945, Cage scrive:
Caro Merce, sabato sera sono quasi impazzito perché, siccome sono uno che vede i problemi solo quando questi gli sono ormai inevitabilmente davanti, ho improvvisamente realizzato che eri volato via.
Pochi giorni dopo:
Finalmente ha piovuto e l’aria è piacevolmente fresca. È stato bellissimo perché la pioggia è arrivata all’improvviso e ha sconvolto tutto, ma con gentilezza. Ti penso continuamente e dunque non ho molto da dirti che non possa provocarti imbarazzo: per esempio, che il mio primo pensiero riguardo questa pioggia è che è stata simile a te.
Infine, in una lettera del 1944, John Cage lascia la sua penna dire altre cose meravigliose, tra cui:
Perdona l’intrusione, ma quando sarai di nuovo qui, esattamente, in settembre? Mi piacerebbe ricominciare a misurare il mio respiro in relazione all’aria che esiste tra di noi.
Cage e Cunningham avrebbero continuato a riempire l’aria attorno a loro di bellezza fino alla fine, e cioè fino alla morte del compositore nel 1992.
Marzia Figliolia
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