Scalinatelle tra cielo e mare: la Napoli “verticale”
di Anna Russo
Più di 200, tra “gradonate” e “pedamentine”, sono le scale che percorrono Napoli dalla collina al mare e viceversa.
In un momento storico in cui la velocità è essenziale per il regolare svolgersi della vita quotidiana, siamo, ormai, abituati all’uso di auto e metropolitane. Eppure, gli antichi avevano realizzato scorciatoie utili e senz’altro più salutari per spostarsi rapidamente da una parte all’altra della città.
Le prime realizzazioni furono effettuate nel XVI secolo, quando il viceré Don Pedro Alvarez de Toledo volle espandere la città verso la collina del Vomero. Per collegare la parte bassa del paese a quella alta e sopperire a necessità religiose, come raggiungere monasteri e ritiri, furono interrati alcuni torrenti. Questo intelligente sistema di collegamento è stato poi surclassato delle esigenze moderne ma, oggi, viene riscoperto e valorizzato da un rinnovato desiderio di lentezza, dalla volontà di dedicare del tempo a se stessi e rilassarsi passeggiando e ammirando panorami mozzafiato mai notati prima.
Le scale più caratteristiche:
Rampe del Petraio: anche denominate “l’Imbrecciata” per le vrecce, i ciottoli, con cui sono state fondate; partono dal Corso Vittorio Emanuele e giungono a via Caccavello. Costruite per collegare il Vomero al più moderno quartiere di Chiaia, sono frequentate da molti studenti per la vicinanza dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa.
Pedamentina: è il percorso pedonale più antico e lungo di Napoli. Fu iniziata nel XVI secolo da Tito di Camaino e Francesco de Vito. Pare che, talvolta, sia stata munita di sistemi difensivi per proteggere Castel Sant’Elmo da eventuali assedi. Con i sui 414 scalini congiunge la Certosa di San Martino con Spaccanapoli e offre una vista spettacolare del Golfo di Napoli.
Calata San Francesco: anticamente era chiamata “Via che scende a Chiaia” ma il nome fu poi modificato poiché raggiungeva il Complesso di San Francesco degli Scarioni all’Arco Mirelli. Una mappa del Duca di Noja testimonia l’esistenza della scalinata che parte dal Belvedere già nel 1775.
Scale di Sant’Antonio ai Monti: il nome trae origine da una chiesetta del luogo dedicata a Sant’Antonio. Esse sono un prolungamento della seicentesca Salita Cacciottoli e uniscono Corso Vittorio Emanuele con Piazza Olivella e, quindi, con Montesanto. Da ciò deriva la denominazione “Scalone monumentale di Montesanto”. Le balze, in pietra lavica, furono realizzate nella seconda metà dell’’800 per volere di Gaetano Filangieri, principe di Satriano.
Moiariello: ossia “piccolo moggio”; dal Real Orto Botanico, in via Foria, arriva sino alla Reggia di Capodimonte e all’Osservatorio astronomico dei Borbone. Anche chiamato la “Posillipo dei poveri” per il panorama mozzafiato, fece da scenografia ad una bellissima Sofia Loren nel film di De Sica Ieri, oggi e domani; oggi è lasciata all’incuria e al degrado.