Fatti i “fatti” degli altri
Fatti i “fatti” degli altri oppure fatti i “fatti” tuoi.
Gossip, gossip, gossip. Oggi sono numerosi i giornali che vivono di pettegolezzi, programmi televisivi che li alimentano, che addirittura li formulano dal nulla.
Un business intramontabile quello dei “fatti degli altri” che perpetua nei secoli dei secoli, fino ad arrivare ad oggi dove la privacy è filtrata dal Big Brother di internet.
Nessuna polemica, solo un gossip in più di cui parlare. Un succulento fatto accaduto a un certo Làzaro de Tormes, banditore a Toledo.
Il Lazzarillo de Tormes è un’opera singolare che si basa sulla curiosità di un personaggio ignoto, tal Vossignoria. Egli scrive a Làzaro chiedendo informazioni in merito a un “caso” avvenuto a lui, sua moglie e al loro protettore, l’Arciprete di San Salvador. Làzaro, quindi, che fino ad ora ha taciuto nei confronti delle dicerie poco lusinghiere del popolo, decide di rispondere a Vossignoria e di spiegargli la situazione, difendendo l’onore di sua moglie.
Il Lazzarillo, in realtà, non si svolge in poche parole come avrebbe potuto.
Caro Signor Lazzaro,
Sono Vossignoria, persona molto importante. Voglio sapere i tuoi fatti personali e tu devi dirmeli perché sono ricco e potente. Quindi, fuga questo dubbio al mondo intero: tu, tua moglie, ex domestica dell’Arcriprete e l’Arciprete siete impegnati quotidianamente in un ménage à trois?
Cordiali Saluti.
NB Non dimenticare i dettagli
Da questo pretesto, cioè spiegare l’innocenza di tutti e tre, Lazzaro prende spunto per raccontare tutta la propria esistenza, un’esistenza che più che avvicinarsi alle gesta di Achille o Ercole, somiglia a quella di Zio Peppino dei pomodori al mercato vecchio di Napoli.
Lazzaro è figlio di una lavandaia, poi concubina di un ladro e di un mugnaio. Professore del presente, banditore, già sperimentatore di innumerevoli, umili, mestieri, che, però, portano tutti a una sola cosa: il caso, il gossip dell’anno, questo presunto ménage à trois.
Tra le situazioni che Lazzaro racconta troviamo la giovanile scansione temporale del lavoro presso il cieco. Il giovane Lazzaro cerca spesso di derubarlo: una volta prova a bere il suo vino, un’altra a rubare il suo salame. Il cieco, scaltro, se ne accorge e in entrambi i casi lo ferisce per poi sentirsi in colpa e finendo, addirittura, per curargli le ferite da lui stesso procurategli.
Lazzaro, devi più al vino che a tuo padre, perché lui t’ha generato una volta, mentre il vino t’ha dato mille volte la vita.
Così, il cieco compie la propria profezia verso il caso. Lazzaro diverrà marito della domestica dell’Arciprete dopo essere stato un ottimo banditore di vino ed aver urlato a squarciagola i vini dell’Arciprete. Il vino che lo curò, ora lo fa progredire al massimo delle capacità che può avere un popolano ignorante.
Un po’ come in Basta che funzioni, il gossip e il ménage a trois, almeno presunto, diviene motivo di espressione di una vita che, altrimenti, sarebbe rimasta ignota e, diciamocela tutta, ci saremmo persi un succulento pettegolezzo.
Leggi anche Garcilaso de la Vega: il classicista per eccellenza
In foto: El lazarillo de Tormes, Francisco Goya
Benedetta De Nicola