Gli Avengers dei poveri
Quando sei una bambina, la tua vita da amante di fumetti e supereroi non è sempre il massimo.
Spesso ti capita di sentire che queste non sono cose da femminucce oppure che possono essere violenti e che non fanno per te. Ma la magia, le avventure, il mistero prevalgono e, così, speri che la vita ti regali qualche superpotere.
Il timore di apparire “strana” per la passione verso i fumetti e supereroi, poi, si è affievolito, incontri nuove persone, chiacchieri e ti accorgi che quel mondo là non è solo tuo. Andrea Prosperi è un membro attivo della setta dei nerd, ha aperto una pagina di nome Bianco, rosso e blu, e, con più di 3150 persone, condivide la passione per fumetti, MCU, DCU raccontando di personaggi e storie.
Oggi, io, che sono ancora un po’ quella bambinetta timorosa, ho pensato che condividere con lui un po’ di letture alternative sarebbe stato uno stimolo. Ci sentiamo di notte, quando entrambi abbiamo terminato il più degli impegni, ci scusiamo sempre perché siamo sempre in ritardo, non si sa per cosa, ma lo siamo e parliamo. Gli dico: – Fai tu, sii te stesso – e lui ha paura di essere logorroico.
Cosa ti piace del gestire una pagina dedicata a questo mondo?
«Bella domanda! Da un certo punto di vista c’è una bella responsabilità, perché si diventa un punto di riferimento, una voce ascoltata dalla propria community, ma forse è proprio questo che mi piace: riuscire a parlare, dialogare, confrontarsi, in un rapporto che non è verticale, è un rapporto reciproco tra tutti coloro che vivono la mia pagina. Posso proporre delle letture, dare delle idee, portare le novità, ma non è un muro che lo spettatore guarda, per poi andare via, è, piuttosto, una piazza, un bar, un locale in cui incontrarsi e parlare delle proprie passioni.»
Ci siamo riscaldati, ora veniamo alle considerazioni di getto, i primi tre personaggi che ti vengono in mente?
«Il primo è sicuramente Peter Parker, l’Uomo Ragno. Affascinante perché è la rappresentazione perfetta di cosa realmente accadrebbe se una persona comune scoprisse di avere dei poteri: cercherebbe di arricchirsi. Esattamente ciò che lui fa nelle sue origini, per poi pagarne il prezzo in maniera terribile, con la morte dello zio Ben, la figura paterna che lo aveva cresciuto dopo la morte dei genitori. Potere e responsabilità finiscono così per fondersi, in maniera anche esagerata, portando ad un personaggio fortemente traumatizzato da tutto ciò. Una sorta di stereotipo al contrario, capace di coinvolgere per la sua imperfezione.
Il secondo è Steve Rogers, Capitan America. Scelto come cavia per l’esperimento del Super-Soldato, durante la Seconda Guerra Mondiale, non a causa del suo fisico, assolutamente cagionevole, ma per la sua forza d’animo, e la risoluzione nel voler combattere la guerra. Il suo superpotere, in un certo senso, è proprio ciò che ha dentro, e non il siero che lo ha trasformato.
Il terzo è Superman, genesi di un intero genere, arrivato sulla Terra profugo da un pianeta in rovina. Un alieno, che potrebbe vivere tra gli uomini come un Dio, ma che preferisce farlo come Clark Kent. Forse il personaggio più difficile da scrivere, a causa del suo essere fin troppo “perfetto”. Eppure, nelle mani giuste, un personaggio che ancora può dire molto.»
Che superpotere hai tu?
«Ho un ego talmente grande da riuscire a coprire l’intero emisfero boreale. Tra l’altro è probabilmente il lato della mia personalità che meno traspare su Facebook, ma penso sia la base per aprire una pagina che si propone di essere una “finestra da cui mi diverto a parlare con chi avrà il piacere di passare”. Immaginate nella vita reale un tizio, affacciato alla finestra, che cerca di parlare con i passanti, dettando lui l’argomento della conversazione: probabilmente lo prenderemmo per un maniaco o per lo scemo del villaggio, o molto più probabilmente per entrambi!»
Domandone, DC o Marvel, per te.Non mi dire entrambi che non ci credo.
«Un po’ come “vuoi più bene a mamma o a papà?”! No, in realtà, nonostante tributi davvero tanto onore a Superman e ai suoi creatori, Siegel e Shuster, il mio cuore è Meraviglia, myheartis Marvel. Non sono un “estremista” di questo mondo, ma nel tempo ho trovato la visione dell’eroe Marvel più adatta a ciò che sono i miei gusti, la mia linea di pensiero. Ciò che davvero apprezzo in Marvel è la natura di supereroi con super-problemi, la raffigurazione di personaggi tutt’altro che perfetti e divini, in grado di essere uomini e donne prima che eroi, spingendomi ad interessami non a Spider-Man, ma a Peter Parker, non alla Cosa, ma a Ben Grimm, non a Capitan America, ma a Steve Rogers. Certamente, come ho detto poco fa, eccezioni ne esistono: il personaggio più lontano da questa definizione, Superman, un vero e proprio Dio, ha vissuto storie che ne hanno messo in luce tutte le imperfezioni e le fallacità, riuscendo, con grande capacità degli autori, a scavarne l’umanità più profonda.
Ecco perché a Clark voglio bene, ma il mondo di Lee, Ditko e Kirby mi ha rubato una parte di cuore!»
Alla fine del discorso, tutto verte su una critica, ci spostiamo e convergiamo nell’idea che i nostri amati fumetti siano visti con un occhio pregiudizievole, quasi come fossero solo “roba” per bambini.
«Ho riletto proprio in questi giorni Maus, probabilmente ho esagerato prendendo come esempio uno dei massimi volumi del genere, ed un eventuale “detrattore” potrebbe obiettare come Maus possa essere l’eccezione che conferma la regola. Eppure Maus, ma come lui tanti altri, sono solo la punta dell’iceberg di un genere che soffre un forte pregiudizio, pregiudizio che trovo sinceramente privo di senso. Un racconto in forma scritta è arte, un dipinto è arte, ma quando immagine e narrazione si uniscono si trasforma automaticamente in qualcosa di infantile? Un pregiudizio che il fumetto condivide con il mondo dell’animazione, e che può essere superato in un solo modo: sperimentando. L’unico modo, per convincere qualcuno, sia che si parli di se stesso, sia che si parli di terzi, è l’esplorare questo mondo, un mondo dove non esistono solo onde energetiche e mantelli, ma dove, come in ogni genere narrativo, convivono tante anime.
Trovo ironico, invece, che a cambiare la percezione del fumetto sia l’arrivo dello stesso in libreria, mostrandosi in formati pregiati e gradevoli all’occhio, al contrario del tanto bistrattato mondo delle edicole, che ha visto il fumetto diffondersi nel nostro paese, nel suo pregiudizievole status di cultura di “serie B”. Senza dimenticare la necessità di utilizzare il termine graphic novel per dare un tono alle letture a fumetti. Una superficialità davvero divertente, devo ammetterlo.»
Io e Andrea, ormai, non possiamo più fare a meno di parlare durante le notti insonni, non smetteremo mai di scusarci per i ritardi immaginari così come non smetteremo di difendere una passione comune, perché, forse, nel nostro piccolo, ci sentiamo gli Avengers dei poveri.
Benedetta De Nicola
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