La morte della salsiccia dipende da una vocale
di Antonio Liccardo
Metti la “i” e diventa broccolo, togli la “i” e diventa peperone.
Sotterriamo la padella di guerra e portiamo la pace tra le regioni una volta per tutte!
Come chi si ripulisce la bocca dicendo “piazza Càvour”: chi ordina una pizza salsiccia e friggitelli dovrebbe fare una bella dieta a base di Crusca. Quella dell’Accademia, però. E a dosi massicce.
Io capisco che alcuni lemmi possono tradire la vostra veracità e a un primo appuntamento può essere controproducente per l’approccio. Ma quel ciuffo verde accanto alla salsiccia si chiama friariello. Con la “i”, come un punto esclamativo sottosopra piazzato prepotentemente al centro della parola.
E se vi ricorda l’esclamazione spagnola (il punto esclamativo si mette alla fine, come nelle altre lingue, ma in spagnolo anche all’inizio della parola, appunto, sottosopra), il collegamento con la penisola iberica non sembra casuale: il nome della verdura in questione, che per i botanici è la Brassica rapa – sottospecie sylvestris– varietà esculenta, pare provenire dallo spagnolo “frio-gelos”, che sta per “broccoletti invernali”.
Per molti altri, tale nome vien fuori dal verbo preferito delle mamme partenopee: “friggere”. La ricetta tipica, in effetti, prende le infiorescenze in boccio e le fa friggere con aglio, olio e peperoncino, dove si aggiunge la salsiccia di suino per dar vita al secolare connubio che la prima parte del titolo di questo articolo riporta alla mente di tutti i campani.
Anche le foglie più tenere sono commestibili, e se cucinate in maniera sana donano circa 20 kcal ogni 100 g, e circa il 90% della parte edule è rappresentato dall’acqua.
Chi ci legge al di là del Vesuvio chiama i “broccoli friarielli” diversamente: a Roma sono i “broccoletti”, in Puglia “cime di rapa”, in Toscana i “rapini”, ma i palati più raffinati avranno notato delle differenze organolettiche notevoli: i friarielli cresciuti su terreno partenopeo sono più amari, grazie alle caratteristiche vulcaniche del terreno campano che sono impossibili da ritrovare in altro luogo.
Lo conferma il fatto che più del 90% delle zone coltivabili sono dedicate a questa pianta, che si semina a fine estate e si raccoglie in inverno (gli ecotipi più precoci) o durante la primavera successiva (quelli più tardivi). E storicamente la collina del quartiere Vomero di Napoli è conosciuta come ‘o colle d’e friarielli, poiché qualche decennio fa sino a Posillipo vi era un crogiuolo di orti monoculturali.
Ma fritti sono anche i friarelli, senza la “i” ficcata in mezzo, nome meno usuale dei peperoncini verdi di fiume, perché nei secoli scorsi venivano coltivati a partire dalla primavera nelle zone acquitrinose delle masserie napoletane, abruzzesi e pugliesi. In realtà, sono raccolti quando sono ancora verdi perché mantengono il sapore caratteristico, ma se lasciati maturare diventano rossi come i peperoni (anch’essi sono Capsicumannuum, d’altronde) e meno amari.
Non volendo ulteriormente confonderci con i succitati friarielli, tali “Golden Greekpepper” – o “pepperoncini”, simpatica crasi anglofona che porta alla mente una bacca, così si chiama il “frutto”, dalla forma del peperoncino piccante ma dal sapore del peperone dolce – li chiamiamo come fanno tutti i sani di mente: friggitelli.
La ricetta è simile a quella dei friarielli, ma qui al posto della salsiccia il pomodoro ci sta tutto: dapprima, si saltano i friggitelli in olio e aglio, una volta dorati si tolgono e si mettono da parte per cucinare i pomodori nell’olio che ha preso il sapore dei friggitelli; pochi minuti dopo, si reinseriscono i friggitelli in padella e si mescola per poco tempo et bon appétit. Per i salutisti: prendeteli crudi, tagliuzzateli a pezzetti e condite risotti o insalate.
Però i friarielli sono chiamati talvolta anche soltanto “broccoli”, e anche qui si rischia di mangiare una cosa per un’altra.
Il “cavolo broccolo”fa comunque parte del genere Brassica cui il friariello (“broccolo friariello”) appartiene, ma la specie è la B. oleracea – varietà italica. Anche in questo caso sono più conosciute, e temute dai bambini che devono mangiare verdura, le infiorescenze non ancora mature, che spesso vengono mangiate all’insalata o in poltiglia con la pasta, e le foglie più tenere insaporiscono le minestre.
Alcuni associano al cavolo broccolo il cosiddetto mùgnolo, una sorta di cavolo broccolo più povero e tipico del Salento, altri i “broccoletti”, una cultivar giapponese (varietà alboglabra) venuta fuori dall’ibridazione artificiale di due varietà che sa anche di asparago (“gailan”, “asparation”), alcuni (pochi, per fortuna, che sbagliano) addirittura il cavolo (errore comune perché fa comunque parte delle brassicacee, come tutti i vegetali elencati sino a ora).
Adesso che sapete la Verità, ordinate pure la vostra pizza salsiccia e friarielli. Con la “i” bella impostata.
Il vostro partner apprezzerà la sincerità e vi amerà per sempre.
Finché non vi dirà che ha il bus che l’aspetta a “piazza Càvour”.