Ode ad Heidi, pastorella dell’infanzia
Chi non conosce Heidi?
Vi sfido! Andate dal salumiere, dal prete o dal vostro barista di fiducia e chiedete “Ma tu la conosci Heidi?”.
Ma come mai questa orfanella di montagna è rimasta così impressa nella nostra memoria collettiva?
Heidi nasce nel 1880 dalla penna della scrittrice svizzera Johanna Spyri: la storia dell’orfanella cresciuta tra i pascoli e Francoforte descrive in maniera verosimile, tramite gli occhi della protagonista, la realtà di fine Ottocento, con tutte le sue contraddizioni e giustapposizioni. Il romanzo ebbe grande successo sia in Svizzera che in Germania, ma il trampolino di lancio verso il suo successo planetario fu dato da due nipponici geniali, maestri dell’animazione: parliamo di Isao Takahata e di Hayao Miyazaki, fondatore dello Studio Ghibli.
La regia di Takahata e i disegni di Miyazaki fecero centro ancora una volta; sebbene venne lasciata pressoché intatta la struttura del romanzo di Spyri, l’anime si soffermò su alcuni punti che il romanzo trattava più superficialmente. Venne creato ed aggiunto il personaggio del San Bernardo Nebbia e l’intera storia diede più risalto ai personaggi di Peter e della Sig.na Rottenmeier. Nell’anime però manca qualsiasi riferimento al rapporto con Dio, molto presente invece nel romanzo, dove più di una situazione sono presenti dei raccoglimenti di preghiera.
In Italia Heidi venne trasmessa per la prima volta nel febbraio del 1978 e la serie ebbe un successo così grande da fare eco ancora ad oggi. Tutto ciò era dovuto al fatto che il pubblico italiano, così come quello internazionale, riusciva in qualche modo ad identificarsi con qualche personaggio del cartone: che fosse in montagna o in città, Heidi narrava una quotidianità molto vicina anche agli adulti di quegli anni. Le vicende trattate non edulcoravano quella che era la dura realtà della vita tra i pascoli o il cinismo della vita in una città industriale.
Le storie vengono viste attraverso gli occhi della piccola protagonista, ma se facciamo un passo indietro ed iniziamo a guardare con occhio critico possiamo accorgerci di come l’intera opera possa essere definita come un cartone di crescita e di cambiamento: ogni personaggio infatti ha a che fare con dei vincoli sociali o autoimposti, da cui cerca, o meno, di districarsi, con un processo di crescita interiore che andiamo man mano scoprendo
Il personaggio della Sig.na Rottenmeier, ad esempio, è uno dei più iconici di tutta la storia; per via della sua durezza e austerità è quasi “l’antagonista” di buona parte della serie, almeno secondo gli occhi di Heidi, ma proviamo a fare un passo indietro e guardare meglio… la Rottenmeier è una signora nubile che deve barcamenarsi tra fare da tutrice ad una ragazza paraplegica (Clara Saseman) e una rozza bambina cresciuta in montagna (la stessa Heidi), che deve imparare a comportarsi come la società richiede, cercando allo stesso tempo di non farsi licenziare, perché sa bene quanto possa essere difficile per una donna del suo ceto e delle sue condizioni andare avanti nella vorace Francoforte di fine ‘800; il suo lavoro è una gabbia di cristallo dalla quale non vuole e non può uscire.
La nonna di Clara e il nonno di Heidi, d’altro canto, incarnano il vero spirito “adulto” e maturo dell’intera serie. Il nonno in particolare è colui che riesce ad affrontare la realtà in maniera più saggia e decisa rispetto agli altri personaggi e che quindi riesce a compiere scelte al fronte di un bene futuro, anche a discapito della sua stessa felicità.
La storia della bambina a cui le caprette facevano “ciao” e sorridevano i monti ha ispirato nel corso del tempo diversi adattamenti cinematografici, di cui un film con Shirley Temple, trasposizioni fumettistiche di stampo satirico e anche ad un recente remake in CGI.
Questo è Heidi: un microcosmo che racchiude alcune delle figure che ci hanno accompagnato durante la crescita, se non pure parte della nostra stessa infanzia!
Davide Cacciato
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