Salvador e Gala Dalì: un amore surreale
di Marzia Figliolia
Nel gennaio del 1989, re Juan Carlos di Spagna chiama con insistenza l’ospedale di Figueras, una piccola cittadina della Spagna meridionale: vuole notizie sulla salute di Salvador Dalì, ricoverato qualche giorno prima per un’insufficienza coronarica e poi aggravatosi a causa di una polmonite. La sua salute è un affare di stato, come lo è stata tutta la sua vita. E tutti sanno che non è d’insufficienza coronarica, e nemmeno di polmonite, che Dalì sta morendo.
Sono ormai sette anni, infatti, che l’eroe del surrealismo mangia appena, si graffia il viso, lo si sente urlare inconsolabile dalla sua casa-museo, in città. Sette anni prima, infatti, moriva Gala, la sua musa, la sua sposa traditrice, la fiammella tremolante di quell’amore che chissà come si era tenuta viva per cinquantatré anni.
Gala, al secolo Helena Deluvina Diakonoff, nacque in Russia, a Kazan, una cittadina universitaria sulle rive del fiume Volga. L’anno della sua nascita, tanto per cominciare con le situazioni surreali, non è mai stato chiaro: alcune fonti riportano il 1892, altre il 1894, e la sua stessa figlia, Cecile, parlerà poi del 1895.
In ogni caso, Gala aveva dieci anni più di Dalì, e quando i due si conobbero, nel 1929, lei era sposata con un amico del pittore, il poeta Paul Eluard, con il quale aveva comunque una relazione particolarmente aperta: per anni la coppia portò avanti un menage a trois con un altro esponente di spicco dell’orizzonte artistico dell’epoca, Max Ernst.
Non ci fu dunque molto a mettersi tra loro ed il loro amore a prima vista. Subito dopo aver fatto la sua conoscenza, infatti, Dalì scriveva nel suo Secret Life: “è destinata ad essere la mia Gradiva, colei la quale mi porterà nel futuro, la mia vittoria, mia moglie” – Gradiva era il nome dell’eroina di una novella di Wilhelm Jensen, particolarmente cara a Freud e alla psicoanalisi.
Ebbene, dopo una breve frequentazione, Gala chiese il divorzio da Paul Eluard, col quale continuò comunque a mantenere una relazione sessuale. Gala e Dalì si sposarono il 30 gennaio del 1934, e da subito fu chiaro che anche questo secondo matrimonio avrebbe finito col creare scandalo tra i borghesi benpensanti e monogami che circondavano la coppia.
Il loro rapporto non fu mai chiaro, per quanto fu sempre pubblico: Dalì si professava vergine, terrorizzato dall’anatomia femminile ed interessato unicamente alla bellezza dello sguardo. Praticava con Gala il candaulesimo, ovvero incoraggiava la moglie a trovarsi degli amanti, interessato soltanto a guardare o ad ascoltarne i racconti. Si vocifera organizzasse anche delle orge, alle quali però non prendeva mai parte personalmente. Non ebbero mai figli.
Sul piano artistico, invece, la loro relazione fu più che feconda. Nel 1935, il collezionista inglese Edward James scrisse ad un amico: “Che cosa meravigliosa deve essere, per un artista, trovare la moglie perfetta per se stesso. È una cosa che penso accada una volta su mille. È accaduto a Dalì, però, e credo che questo farà tutta la differenza per i suoi lavori futuri”.
E così fu, tant’è vero che, poco dopo il matrimonio, Dalì comincia a firmare i suoi lavori col nome della moglie, perché “è prevalentemente col tuo sangue, Gala, che dipingo i miei quadri”. Il suo viso compare in innumerevoli dipinti, spesso a carattere religioso, come la meravigliosa Madonna di Port Lligat, o la Galatea delle Sfere.
“Lucido Gala per farla brillare, per renderla più felice possibile. Mi prendo cura di lei più che di me stesso, perché so che, senza di lei, tutto avrebbe fine”. Gala era una religione, per Dalì, così tanto da meritare un altare immenso: nel 1968, infatti, le regalò un castello a Pùbol, vicino Girona, accogliendo persino la bizzarra richiesta di lei di andare a trovarla solo dopo aver ricevuto il suo permesso scritto. In quel castello Gala si prendeva cura dei suoi giovani amanti, che diventavano più numerosi e più giovani man mano che lei, invece, invecchiava.
Invecchiavano entrambi. E, dopo che una paresi muscolare aveva impedito a Dalì anche solo di reggere un pennello, il pittore divenne meno incline ad accettare le scappatelle della moglie. Nel 1980, pare che l’artista ne ebbe abbastanza: durante una lite furibonda, ruppe due costole a Gala e lei, per calmarlo, gli somministrò così tanto valium da lasciarlo con danni cerebrali permanenti.
Gala Dalì morì nel 1982, a Port Lligat, dopo che lei e Salvador si erano fatti tutto il bene e tutto il male possibile in una vita. In un ultimo gesto di pace fatta, volle essere sepolta sotto il terreno del castello regalo del marito.
E arriviamo quindi a quella mattina di gennaio di sette anni dopo, nel 1989, quando ciò che muove il sangue e le labbra di Dalì, ridotto a poco più di un vegetale, è ancora quell’amore. E così chiede ad un infermiere se, per favore, può fargli ascoltare l’orchestrina che suonava da Maxim’s, quella sera lontana in cui ci portò la sua Gala.
“Gala” è l’ultima parola che gli si sente pronunciare. Sarà forse che in punto di morte è agli dei che conosciamo che ci vogliamo affidare.