Intervista a Murubutu, poeta italiano prestato al rap
di Antonio Alaia
Una delle penne più interessanti del rap e, in generale, del cantautorato italiano: Alessio Mariani, in arte Murubutu.
L’artista reggiano, che ha da poco rilasciato il suo ultimo album Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscoli,ha risposto alle nostre domande riguardo la sua incredibile carriera da professore-artista e il suo ultimo album!
Se prima di leggere l’intervista siete curiosi di saperne di più sul personaggio di oggi, sappiate che gli abbiamo già dedicato un articolo.
Quando hai deciso di dedicarti all’arte dello storytelling?
“Non mi sono dedicato fin da subito a quest’arte; i miei primi anni di carriera sono passati attraverso i fenomeni artistici degli anni ‘90: la nascita delle Posse, il rap politicizzato, ed ero fortemente galvanizzato dal movimento hip-hop che allora si stava diffondendo in Italia.Il manifesto della mia arte è stato sicuramente il primo album da solista,Il giovane Mariani e altri racconti (2009), dopo anni di sperimentazione di rap didattico con la mia crew La Kattiveria (dal 2006).”
Sei un pioniere del rap-storytelling, quali erano i modelli ai quali ti ispiravi?
“Sono vissuto nel periodo d’oro dell’hip-hop italiano e della sperimentazione in questo genere. Lo storytelling l’ho sicuramente acquisito da altri più grandi di me, soprattutto dall’estero, perciò io non mi considero un pioniere in questo, ma sicuramente uno dei primi che si è dedicato in modo sistematico allo storytelling fino a renderlo uno stile personale. Mi sono avvicinato al rap solo perché cercavo un nuovo mezzo per esprimermi, perciò le mie vere ispirazioni vengono dalla letteratura, in particolar modo dal naturalismo francese.”
L’hip-hop ha una sua funzione nella società o è solo intrattenimento fine a se stesso?
“L’hip hop è una cultura e in quanto tale è espressione di determinate fasce della popolazione, in particolare quella giovanile, in questo caso.
Per me la sua funzione è di emancipare tanti giovani dal punto di vista culturale; emanciparli dall’individualismo, dal razzismo e da tanti connotati negativi della nostra generazione e ciò genera – indirettamente e non – legami con i temi politici.”
Qual è il tuo rapporto con l’antifascismo? Ne parli spesso nei tuoi brani.
“Mi sono sempre esposto pubblicamente a favore dell’antifascismo. Questa mia posizione deriva certamente anche dal retaggio culturale della mia terra: Reggio Emilia e ingenerale l’Emilia Romagna.
Mi hanno sempre raccontato storie di partigiani, di Resistenza, e ciò ha arricchito la mia conoscenza storiografica sul tema, conoscenza che ho deciso di esprimere in diversi brani.”
Il tuo ultimo album si chiama Tenebra è la notte ed altri racconti di buio e crepuscoli, come mai la scelta della “notte” come concept?
“Ci sono riferimenti culturali, letterali, esistenziali e soprattutto personali: soffro di un disturbo del sonno e mi trovo spesso ad approfittare della notte per scrivere i miei pezzi.Ho scelto questo concept perché cercavo un medium che non fosse solo spaziale ma anche atemporale, un tema che potesse collegare più realtà.
Inoltre, cercavo anche una nuova sfida stilistica con me stesso; ad ogni album cerco di restringere sempre di più l’ampiezza del concept di riferimento: dal “mare”, al “vento” e infine alla ‘notte’. E devo ammettere che questa è stata davvero una grande sfida: descrivere i paesaggi notturni è stato davvero arduo poiché – come potete immaginare – mancavano le basi “fisiche” per prendere ispirazione.”
Concludiamo con un episodio divertente… cosa hai pensato quando hai scoperto che Facebook ti aveva censurato il pudico capezzolo del soggetto della copertina?
“Il risultato è così paradossale che non posso pensare che sia stata una persona a farlo ma di sicuro un algoritmo che censura in modo meccanico, una conseguenza cieca di algoritmo che non distingue l’arte dalle vere realtà oscene.
L’episodio non mi ha colpito particolarmente, né urtato, anzi devo ammettere che mi ha fatto solamente ridere!”