Oh Shakespeare, Shakespeare. Sei davvero tu Shakespeare?
di Adele De Prisco
Eh sì cari lettori, non c’è nessun errore di battitura. Noi de La Testata – Testa l’informazione ci siamo davvero interrogati sulla reale identità di William Shakespeare. Pare infatti che attorno alla figura del drammaturgo inglese ruotino molte leggende.
Su William Shakespeare sappiamo che fu il terzo di otto figli, che lavorò nella bottega del padre e che a soli 18 anni sposò Anne Hathaway, di otto anni più grande di lui, dalla quale ebbe tre figli. Pare però che durante il battesimo degli ultimi due nascituri, due gemelli per esattezza, lo scrittore sparì senza lasciare tracce per qualche anno. Gli storici chiamano quel periodo “lost years”. E proprio la mancanza di alcuni documenti ufficiali come il certificato di nascita, la mancanza del suo nome nei registri scolastici e questi anni “fantasma” hanno fatto sollevare dubbi sulla sua vera identità.
Molti infatti mettono in dubbio che il Brando di Stratford sia davvero esistito prendendo in considerazione l’ipotesi che William Shakespeare sia stato in realtà solo un prestanome.
L’ipotesi più accreditata è che l’autore di Machbet fosse italiano.
Ebbene si, secondo alcuni studiosi si sarebbe chiamato Michelangelo Florio Crollalanza, di origini messinesi, che, dopo aver passato molto tempo a Venezia, scappò in Inghilterra. Non male come ipotesi se si prende in considerazione il fatto che la commedia Molto rumore per nulla è ambientata appunto a Messina con un’ottima descrizione dei luoghi e con personaggi interamente messinesi. Da qui poi partirebbe tutto l’excursus sul suo matrimonio con Anne Hathaway con i successivi gli anni della latitanza.
Ma, ovviamente, le teorie non finiscono qui. Se qualcuno ha azzardato l’ipotesi che sotto le mentite spoglie di Shakespeare si nascondesse, in realtà, sir Francis Bacon, filosofo, giurista e rinomato uomo politico, voci di corridoio ipotizzano, invece, che non fu Michelangelo Florio ad aver utilizzato questo prestanome ma il figlio Giovanni, noto come Jhon Florio che, avvalendosi degli appunti paterni, avrebbe dato vita alle famosissime opere shakesperiane.
Ma perché utilizzare un prestanome? Per quanto riguarda l’ipotesi portata avanti su Michelangelo si crede che, essendo un uomo di chiesa che aveva abbracciato il luteranesimo, per evitare le persecuzioni dei cattolici optò per l’anonimato. Per Jhon, invece, si pensa che essendo un uomo di spicco a corte non era ritenuto elegante firmare opere del teatro popolare.
Quale sia la verità non si sa ma pare che Jhon avrebbe lasciato tutte le sue opere e i suoi documenti al conte William III di Pembroke e il fatto che i suoi eredi ancora oggi si rifiutano di aprire le porte della loro biblioteca agli studiosi lascia molto da pensare.
L’ultima ipotesi, ma non per importanza, è che il vero autore inglese fosse in realtà il diciassettesimo lord di Oxford: Edward de Vere. L’idea che ha condotto molti studiosi al famoso lord è che all’interno delle opere shakesperiane ci sono molti riferimenti a luoghi e fatti italiani, cose che solo chi aveva vissuto lì poteva sapere. E, infatti, De Vere, come molti altri nobili a lui contemporanei, era stato in Italia e in particolar modo a Venezia. Proprio qui è ambientata una delle più famose commedie Il mercante di Venezia. La perfetta descrizione dei luoghi italiani lascia supporre che l’ipotesi non sia poi tanto sbagliata. Nell’opera stessa poi l’autore asserisce di conoscere molto bene la legislazione italiana che era molto diversa da quella inglese. Un paragone non indifferente e che presume delle buone conoscenze di base. Anche vero è che il padre di Edward aveva una biblioteca ben fornita e che quindi, tutte le informazioni, le avrebbe potute ricavare da lì ma ciò che racconta e il modo in cui lo fa, lascia presumere una conoscenza dettata da un reale soggiorno veneziano come fu difatti quello del Lord.
Anche in questo caso, ovviamente, ci si chiede: perché un personaggio tanto in vista si sia dovuto servire di un capro espiatorio? Probabilmente proprio perché era un personaggio rinomato e, quindi, più soggetto a minacce e vendette, la sua posizione sociale non gli permise di esporsi al pubblico rischiando di minare la sua carriera.
Le ipotesi, come abbiamo potuto vedere, sono tante e nessuna è certa. A dare un taglio, però, alle voci di corridoio è stata la Corte Suprema degli Stati Uniti che ha sentenziato che “William Shakespeare era solo un prestanome”.
Quale sia la verità ad oggi non ci è dato saperlo. Le ipotesi sono tante, varie e nessuna data per certa. Il mistero è quindi ancora fitto e irrisolto ma poco importa: chiunque esso sia, possiamo dire con certezza che le sue opere ci fanno ancora sognare.