Gianmario Sanzari, quello che suona al Centro storico
Questa storia inizia così: computer rotti, Wi-Fi traballanti e draghi sputafuoco.
Parlare del nostro ospite di oggi mi ha creato non pochi problemi.
In fin dei conti, io volevo solo scrivere un’altra storia. Niente di diverso da quello che faccio sempre.
Ho impugnato lo scettro e ho combattuto i draghi, sono passata per il lago dei tecnici Wi-Fi e, infine, ho sguainato la pendrive per reinserire tutta l’intervista nel mio computer formattato. Ed ora eccoci qui, io sono solo l’aiutante perché il protagonista è Gianmario Sànzari, non Sanzàri.
“Uà, lo sapevo che avresti detto così”.
Ventitré anni, classe ’95, direttamente dai Quartieri Spagnoli, Gianmario mi racconta che è suo padre il primo a stimolare la sua curiosità per il mondo della musica e che, già a tredici anni, decide che la chitarra è lo strumento che fa per lui.
Da quello che mi stai raccontando deduco che suonare uno strumento e cantare non sono andate di pari passo come attitudini.
“Sì, effettivamente non sapevo come far combaciare le due cose, come suonare la chitarra e come accompagnarmi con la voce perché la vedevo una cosa molto da falò, molto da spiaggia, non sapevo come farne un lavoro,poi, per puro caso ho incontrato la mia insegnate di canto e lei mi ha fatto capire che c’era qualcosa su cui lavorare.”
Ha fatto uscire la voce, insomma
“Sì, la mia voce è graffiata quando parlo, infatti, quando ho iniziato a cantare la sentivo strana, particolare, stridula e mi vergognavo, quello che è cambiato è che non sapevo impostarla.”
Se io ti dico ‘Na carezza la prima cosa che ti sovviene: una frase del testo, la melodia, un qualcosa che ti viene in mente?
“Monnalisa egocentrica è una frase del testo, ma non la spiegherò, dal video si può capire qualcosa, ma ti racconto una cosa che non ho detto. Nel video c’è un orologio che stava nella mensola della mia cucina quando ero piccolo.”
Quindi un’immagine della tua infanzia…
“Sono tornato in quella casa ed ho trovato l’orologio esattamente là e ho usato proprio lui per il video.”
Quindi sei tu il regista del video?
“Sì, aiutato ovviamente dal videomaker, l’idea però è stata mia.”
Tu sei un artista di strada, nasci proprio come artista di strada, conosco le tue battaglie e voglio sapere da te cosa ti spinge a condividere la tua arte così con tutti quanti.
“Avevo bisogno di uscire dalla mia stanza, avevo bisogno di esibirmi da qualche parte solo che per locali era difficile…
Quando ho cominciato ad esibirmi, per la prima volta su un palco avevo un gruppo col quale ho chiuso i rapporti definitivamente, io all’epoca non cantavo ancora. Avevamo il nostro frontman che era il cantante, io facevo solo la seconda voce e per me era già difficile, al tempo ci seguiva una vocal coach. Quando con loro ho chiuso i rapporti, la coach mi ha preso per mano e ha detto “iniziamo a studiare”.
La prima volta che ti esibisci per strada sei bloccato, ma quando cominci a cantare, tutto diventa più facile.
Poi il pubblico diventa una droga, la gente comincia a fermarsi.
La differenza tra suonare in strada e suonare in un locale è che se suoni per strada la gente si ferma ad ascoltarti è perché vuole davvero ascoltarti.
La prima volta che mi esibivo da solo, era il mio compleanno.”
La strada fino ad oggi è quella di due anni di gavetta, la tua musica è diventata un polo di attrazione del centro storico, ma non solo, anche motivo di non pochi problemi.
“Mi sono messo in strada perché non c’è sempre uno spazio dove suonare; suonare in un locale, in un pub è diventato difficile perché se non sanno cosa proponi, non ti lasciano esibire.
Un giorno mi sono ritrovato la polizia a casa, mi hanno invitato a rispondere a un esposto da parte del comitato sulla quiete pubblica, io da lì non ho più suonato,è il motivo per cui sono sparito per un periodo. Purtroppo suonare a piazza San Domenico non mi rende sereno, porto anche per questo uno striscione dov’è scritta la frase di una mia amica.
Fa una pausa, non lo interrompo, onestamente vedo davanti a me un ragazzo che riflette e che educatamente mi dà un’opzione da valutare.
Secondo me una cosa bella da vedere. Capisco anche i residenti che devono sopportarsi tutto ciò per tutte le notti e non riescono a dormire però bisognerebbe trovare un compromesso, infatti ho scritto una lettera al sindaco che mi ha accolto a Palazzo San Giacomo.”
Alla fine, io Gianmario ci prendiamo un caffè e discutiamo. Lui è un ragazzo a cui le parole di bocca vanno cavate, anche se non sembra. Quello che ci siamo detti mi ha fatto riflettere, ho pensato a lui e a tutti i ragazzi del mondo che hanno un talento e una passione verso una qualsiasi forma d’arte. Penso a noi, penso a quanto sia difficile e a quanto sarebbe più sbrigativo, magari, suonare solo per hobby. Ma quando certe cose ti scorrono dentro, non puoi fare altrimenti, le poesie, le canzoni, le idee non stanno in cassaforte.
Clicca qui per ascoltare il brano di Gianmario Sanzari.
Benedetta De Nicola
foto di Simona Scala