Non ci resta che piangere e ricordare
«Non tutto in terra è stato sepolto: vive l’amor, vive il dolore; ci è negato veder il volto regale, perciò non ci resta che piangere e ricordare».
Così recitava Francesco Petrarca in una lettera a Barbato di Sulmona. Sicuramente il poeta non avrebbe minimamente immaginato che, qualche secolo dopo, sarebbe nato un film comico che avrebbe preso spunto per il titolo da questa sua frase.
Molti di voi lo hanno già visto e amato, Non ci resta che piangere è un film del 1984 scritto diretto e interpretato da Roberto Benigni e Massimo Troisi. Per chi non sa di cosa sto parlando, il film parla di un maestro di scuola elementare e di un bidello, ovvero i due comici, che si trovano improvvisamente catapultati del 1492, o nel “quasi ‘500”, come è spesso detto nel film. Oltre ad aver vinto il David di Donatello nel 1985, la pellicola è senza dubbio un prodotto italiano che riscosse molto successo per diversi motivi.
Innanzitutto fa ridere, ma non solo: fa sbellicare dall’inizio alla fine. In effetti le scene iconiche di questo film sono davvero tante, tra citazioni ad altri film e situazioni paradossali si ride dall’inizio alla fine. Successivamente, mettendo insieme due comicità così singolari ma anche diverse tra loro si è arrivati a un cocktail perfetto e molto apprezzato dagli italiani.
Il film va considerato come una serie di gag messe una accanto all’altra, pur avendo un filo conduttore che le lega insieme. Seppure sia stato un film molto apprezzato, anche immediatamente dopo la sua uscita, la critica aveva avanzato le sue perplessità soprattutto per quanto riguardava la regia.
In effetti non è questo l’aspetto che ci fa innamorare del film, bensì i tempi comici, le battute e le situazioni. Si potrebbe azzardare a dire che una rappresentazione a teatro della storia avrebbe funzionato alla perfezione e non avrebbe tolto niente alla bellezza della pellicola.
Critica o no, è indubbio che tantissime scene di Non ci resta che piangere siano entrate nella storia. Tra le più belle ricordiamo quella della lettera a Savonarola, la quale è chiaramente un omaggio a una scena presente in Totò Peppino e la Malafemmena.
Se si prova anche solo a trascrivere il testo della lettera di Benigni e Troisi ne uscirà un qualcosa di esilarante, se poi lo si sente interpretato da loro due, la risata è assicurata. Così come cita la famosa lettera “…noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi senza nemmeno chiederti di stare fermo, e puoi muoverti quanto ti pare e piace…”
Ilaria Arnone
disegno di Alberto de Vito Piscicelli