Oggi come ieri
Giorno 21 e ti penso ancora.
La notte porta consigli e star sotto casa tua non mi aiuta, mi fa male ma adesso mi piace così.
Sono passati 21 giorni da quel pomeriggio soleggiato.
Eravamo in un luogo perfetto e il sole, come ogni giorno, si recava a morire nel mare.
In quel momento mi sono passati per la mente tanti di quei pensieri che avrei fatto invidia ai migliori sceneggiatori di Hollywood, ma la vita va cosi.
“Ennesima storia andata male – pensavo – non sai tenerti niente e non sai comportarti”, questi erano gli unici pensieri che rimbombavano nella mia testa.
Avevo paura di stringerti la mano, di convincerti a restare, avevo paura di tutto e del tutto.
Avevo così paura che, pur di non perderti, ti confessai di amarti, chissà se era vero, questo onestamente non lo so nemmeno io.
Sì, ho mentito come faccio sempre solo per paura che il piccolo non ti bastasse più e che adesso volessi il grande, ti ho promesso tutto me stesso ma, evidentemente, sono stato uno dei tanti.
Ho amato però fare altre cose: ho amato chiamarti col tuo nome, ho amato vedere i tuoi messaggi, ho amato il tuo sorriso ed i tuoi abbracci, ho amato i tuoi capelli che si riflettevano al sole, ho amato i tuoi baci dopo dieci giorni che non tornavo a casa.
Volevo essere “la storia” e non “una storia”.
Ci tengo a te e ogni giorno vorrei dirti tante di quelle cose: vorrei dirti che mi manchi, che spesso imbocco la strada di casa tua, mi fumo una sigaretta e vado via solo per provar l’ebbrezza e l’illusione momentanea di averti accompagnata a casa.
Mi hai raccolto quando nessuno ne aveva il coraggio e il tuo cuore era sempre aperto per me.
Non ho paura della solitudine, ma ho paura della solitudine senza te.
Ogni volta mi prometto di andar avanti, di somatizzare il dolore e che tutto passa, ma come faccio? A volte, non è così facile come sembra.
Ho cercato di darti tutto e mi sono trovato solo consolandomi col pensiero “tornerà” ma razionalmente so benissimo che non sarà mai così.
Mi mancano le tue parole e la tua voce, mi manca la tua risata e il soprannome che dal primo giorno mi avevi affettuosamente dato.
Non ho mai voluto essere un peso né altro, ho sempre voluto essere un appoggio e distruggere un’armatura troppo severa che, spesso e volentieri, s’impossessava di te.
Voglio confessarti che per una volta ho seriamente paura perché mi hai tirato su dal baratro dov’ero caduto e mi hai dato la mano.
Ho corso e non ho fatto bene, ho messo fretta, sono stato troppo apprensivo ed ho sbagliato ma l’affetto si può cambiare.
Voglio distruggere il tuo passato una volta e per tutte, voglio farti vivere senza peso.
Mi manca come mi supportavi e sopportavi e ciò era fantastico, tutto era creato secondo un’armonia perfetta.
Questa primavera è cominciata senza te e il paesaggio non mi aiuta ma penso che sopporterò e cercherò di essere felice, anche se so che non ci riuscirò.
Ho paura di vederti perché so che vorrò scappare, che vorrò piangere in un angolo remoto e vorrei tanto che ci fossi tu a consolarmi come soltanto i tuoi occhi sanno fare.
Ed ecco finita quest’epopea con l’ennesima sigaretta spenta sperando che tu possa scendere ad abbracciarmi, ad implorarmi di non partire, a chiedermi per un’ultima volta di star vicino a te.
Non riesco ad andarmene e tutto ciò ha un senso: allontanarmi mi fa male, sapere che mi trovo ad un passo da te crea e distrugge un dolore che non so nemmeno definire.
Cerco di essere felice di notte perché solo sognandoti ho un buon motivo per andare avanti.
Penso che ciò che io abbia detto sia invano ed è inutile negarlo ma sotto sotto ci spero, te l’ho sempre detto: io sono ottimista.
Spero soltanto che a volte tu possa guardare la foto del nostro ultimo tramonto, simbolo del nostro declino, e mi piace immaginare che, tra questa frescura primaverile ed una lacrima di nostalgia, io possa ancora tornarti in mente.
Torno alla realtà gettando quell’ennesima sigaretta, metto in moto la macchina che ha sempre il solito rumore, lo stesso di quando passavo a prenderti, mi accingo a far la stessa manovra in marcia indietro, però questa volta il sediolino del passeggero è vuoto e non mi resta altro che tornare a casa sapendo che non sarà più riempito dal tuo sorriso.
Antonio Vollono
foto per S-Punti di vista di Ilaria Aversa