Al Raseef, la street band che viaggia per trovare se stessa
Sette giovani ragazzi con un sound fresco e vivo. Al Raseefè la nuova street band che unisce folk, jazz e la voglia di unire le persone.
Energia e vitalità: sono queste le caratteristiche che hanno dato vita al fenomeno di Al Raseef, una band che nasce a Ramallah, in Palestina, esattamente nel 2011. AlaaAlshaer (chitarra), Ayham Jalal (clarinetto), MidhatHusseini (basso, tuba), Tamer Nassar (sax), Yassar S’Adat (trombone) sono i precursori di questa nuova promessa musicale.
Le loro origini affondano in Palestina. Il loro presente è a Genova, città di mare, cultura e passato musicale ricchissima dove, presso il conservatorio di musica Nicolò Paganini, la band accoglie due musicisti italiani: Mario Martini alla tromba, e Lorenzo Bergamino alle percussioni.
Solamente nel 2018 è uscito Mina Zena, il loro primo album ed oggi, noi de La Testata – Testa l’informazione, abbiamo avuto la grande occasione di sapere di più su questa nuova promessa del panorama musicale.
La prima volta che vi ho ascoltati ho percepito la freschezza e la vitalità della vostra musica, così forte e innovativa. Poi ho cercato la vostra storia su internet e ho letto del vostro viaggio. Quindi mi sono chiesta: perché il viaggio e perché Genova?
“Noi crediamo che sia come individui che come musicisti il viaggio faccia parte della nostra identità musicale. Qualsiasi viaggio, non solo quello dalla Palestina in Italia, è utile per aprire la mente, per capire come funziona il mondo; non possiamo rimanere chiusi in una scatola, dobbiamo esplorare tutti gli ambiti culturali e musicali del mondo. Perché Genova? In Palestina manca l’aspetto formativo musicale. Questo è stato il nostro primo viaggio ed è stato un punto di partenza.”
Come avete vissuto il viaggio e come si riversa nella vostra musica?
“Qui siamo riusciti ad affrontare e approfondire tanti generi musicali e varie culture, sia quella del musicista di strada, che la musica classica, sinfonica, il jazz ecc. Così abbiamo costruito la base della nostra individualità, non solo come singoli artisti, ma del gruppo. Qui ha preso piede la sonorità dei primi Al Raseef.”
Si tratta indubbiamente di una sonorità molto particolare. È possibile definirla in un genere musicale?
“Ecco, il nostro genere potrebbe essere racchiuso in un’unica parola: Arabrass, musica araba fatta con degli strumenti a fiato. Siamo partiti dalla musica araba e balcanica, raccogliendo elementi dal Mediterraneo, dal jazz e dal drumbass. C’è un misto di tutto, c’è un po’ di tutti noi. Così è nata la nostra sonorità particolare.”
La nascita dell’Arabrass, questo genere “libero”, è ricercata o è stata del tutto spontanea?
“Inizialmente no, solo con il tempo l’abbiamo studiato. Ad esempio, il nostro clarinettista è fortemente influenzato dalla musica turca, il nostro chitarrista dalla musica del Nord Africa e io dal jazz e free-jazz. Questo sound non era assolutamente pensato, ma abbiamo scoperto che unendo le nostre tendenze usciva fuori un prodotto moderno, molto diverso. Questo rientra tra i nostri obiettivi: creare un ponte tra tradizione e modernità. Non avremmo potuto farlo senza unire inconsciamente le nostre influenze. Solo successivamente, abbiamo deciso di seguire questa linea musicale.”
Nel 2018 è uscito il vostro primo album Mina Zena, espressione dell’Arabrass. Mi chiedevo: c’è dell’altro dietro a questo lavoro? Un tema di fondo, o un messaggio che avete voluto comunicare…
“Mina Zena rappresenta la prima fase degli Al Raseef, quella della ricerca e della sperimentazione di un genere musicale. Attualmente stiamo lavorando ad un nuovo progetto, che vedrà una maturazione del gruppo in questo ambito poiché cercheremo di mettere tra le righe il nostro genere musicale.
L’album parla del nostro arrivo a Genova, che in passato si chiamava “Zena”, e del nostro rapporto con il suo porto. Quest’ultimo metaforicamente parlando, rappresenta la possibilità del viaggio, dunque del movimento. Abbiamo cercato di evidenziare proprio quest’aspetto che, da un lato ci ha unito, dall’altro continuerà a formarci negli anni a venire. Mina Zena, Genova e il suo porto non sono un punto di arrivo, ma un punto di partenza.”
Lisa Scartozzi
(Immagine: https://al-raseef.com/photos )