Il riflesso di Narciso
Durante il Medioevo gli insegnamenti dell’Ars amatoria e delle Metamorfosi conobbero una nuova grande fortuna, molti autori si ispirarono all’auctor per eccellenza della poesia amorosa: Ovidio. Fu molto diffusa soprattutto l’immagine di Narciso che, a partire dal grande episodio del terzo libro delle Metamorfosi di Ovidio, ebbe un’abbondante fioritura.
In particolare, abbiamo Il lai di Narciso, un piccolo poema scritto da un autore anonimo nella seconda metà del XII secolo e che ci è stato tramandato con questi titoli: De Narcisus, De Narciso de roumanz, De Narciso li lais.
Questo poemetto non è altro che una rivisitazione dell’episodio ovidiano. L’autore del De Narcisus infatti, ha ripreso l’episodio di Eco e Narciso ampliandolo, tagliandolo e cucendolo secondo il gusto dell’epoca.
Tra il De Narcisus e le Metamorfosi vi sono molte similitudini – come l’intreccio, lo stile e l’aura – e molte differenze che possiamo notare fin da subito, come i protagonisti che nel Lai non sono più personaggi mitologici, bensì medievali. Infatti, la ninfa canora Eco diventa Danae: la figlia del re, e Narciso (figlio del dio Cefiso e della ninfa Liriòpe) diventa il figlio di una dama e un vassallo del re.
La storia, quindi, viene adattata ai costumi del tempo e ai gusti di quei lettori. Non a caso, l’autore del Lai amplia il discorso – possiamo già notarlo osservando i numeri dei versi che sono 172 per le Metamorfosi e 1002 per il Lai – e impreziosisce il testo con particolari effetti, come l’uso della ripetizio, dell’amplificatio e della descriptio.
Inoltre, possiamo osservarlo con la descrizione dei personaggi. Prendiamo in esempio Narciso, che da Ovidio viene descritto come un ragazzo di tenera bellezza che aveva superato i quindici anni, mentre il nostro autore anonimo si serve di ben cinquantatré versi per descrivere la bellezza di Narciso, opera della Natura, e lo fa utilizzando molti aggettivi, “occhi ridenti e cangianti, chiari e luminosi”, e similitudini, “i denti bianchi come la neve”, “la faccia chiara più di un cristallo o vetro”.
Possiamo vedere così il gusto della descrizione e del dettaglio che vi era in epoca medievale, che non riguarda solo la descrizione dei personaggi ma anche lo spazio temporale. Infatti, nei distici ovidiani, l’azione si svolge in un unico spazio temporale non definito, gli avvenimenti sono avvolti in una favolosa lontananza.
Nel Lai, invece, l’azione si muove in più tempi, l’autore ritma la vicenda nel corso naturale del giorno e della notte. Però non in tutti i casi il nostro autore francese amplia il testo, anzi, ci sono molti tagli, non solo di stampo mitologico ma anche per quanto riguarda la descrizione naturale che nelle Metamorfosi è molto più minuziosa. Il poeta del Lai applica la abbrevatio quando ciò che dice Ovidio non interessa al pubblico delle corti.
Per quanto riguarda la vicenda, è più o meno la stessa, le fanciulle, in entrambi i testi, appena Narciso appare intento ad andare a cavallo, finiscono per innamorarsene. Eco inizia ad inseguirlo e si infiamma d’amore per lui, mentre Danae lo osserva dall’alto della sua finestra e viene colpita dal dardo d’amore.
Per Danae arriva poi la notte insonne, che in Ovidio non abbiamo, dove la fanciulla inizia a tormentarsi per questo amore impossibile, visto che alla fanciulla del re non è dato scegliere il suo amante. L’ostacolo nasce anche per la ninfa, che in questo caso è la Natura. Entrambe le fanciulle decidono di dichiarare il loro amore al bellissimo giovane che, in entrambi i testi, le rifiuta.
Da qui viene la vendetta che nel poemetto è recitata da Danae stessa, mentre in Ovidio da un’altra vittima di Narciso. In entrambi i casi viene esaudita e così inizia la parabola di Narciso che, spossato dalle fatiche della caccia, va in cerca di acqua da bere.
Trova una fonte dove poter placare la sete, ma un’altra sete gli nasce, cioè quella amorosa. Infatti, i fanciulli di entrambe le versioni della storia finiscono per innamorarsi della figura immersa nell’acqua, cercano di parlarle e afferrarla più volte, non si accorgono che è solo un inganno.
Poi ecco l’illuminazione, quando capiscono che quella figura non rappresenta nient’altro che loro stessi, non resta loro altro che lasciarsi morire, uno accompagnato dalle ripetizioni di Eco e l’altro tra le braccia di Danae che, disperata dal dolore, si lascia morire a sua volta.
Il mito dell’immagine riflessa tocca il cuore della società cortese, assorta a celebrare i rituali della galanteria, le arti, i tempi del sentimento e del desiderio.
Gli insegnamenti del preceptor amoris avevano ormai contagiato i poeti e i lettori medievali e Narciso continua ad apparire nei testi francesi: da Berart de Ventadorn:”Specchio, da quando mi sono guardato in te mi hanno ucciso i sospiri dal fondo dell’animo, e mi sono perduto così come fece il bel Narciso nella fonte“, a Heinrich von Morunge: “A me è accaduto come un bambino, che vide la sua bella immagine in uno specchio”.
Ricompare in un momento decisivo della quiete dell’Amante nel Roman de la rose di Guillaume de Lorris: “è lo specchio pericoloso, dove l’orgoglioso Narciso vide il suo viso e i suoi occhi cangianti“, e un’altra testimonianza medievale la troviamo nel Roman d’Alexendre, nella parte di Alexandre de Paris, datato intorno al 1180, in cui due fanciulle del seguito della regina delle Amazzoni cantano una Chanson di Narciso.
Se ci pensiamo, possiamo notare come questa fabula abbia continuato ad echeggiare nel corso dei secoli, toccando varie letterature e arrivando fino alla psicanalisi, tanto che ancora oggi continua ad inseguirci e influenzarci.
…Narciso parole di burro
nascondono proverbiale egoismo nelle mie intenzioni
Narciso sublime apparenza
ricoprimi di eleganti premure e sontuosità ispirami.
Carmen Consoli – Parole di burro
Federica Auricchio