2019: la fine dei giochi
Come superare maratone cine-televisive durate decenni e vivere felici.
Nerd di tutto il mondo unitevi perché i tempi sono bui.
Il 2019 è l’anno dei grandi finali. Con Avenger: EndGame si è chiuso un ciclo colossale di film durato ben 11 anni della nostra vita. Iron Man, noi l’abbiamo letteralmente visto nascere, crescere e morire. Ne abbiamo visti morire diversi, in effetti, di supereroi, polverizzati da un semplice schiocco di dita. La gigantesca battaglia finale contro il super-nemico Thanos però ha ributtato nella mischia tutti i nostri beniamini, ridandoci speranza: quest’anno abbiamo visto eroi caduti, eroi andati in pensione, eroi che hanno ereditato lo scettro (o uno scudo, in questo caso), eroi che torneranno ed eroi che non vedremo probabilmente più. Tra un cameo e l’altro, abbiamo anche perso per strada l’eroe più importante, quello che li ha creati tutti, Stan Lee. E ora abbiamo il sentore che, tutto ciò che verrà, sarà un po’ meno bello, un po’ meno emozionante, un po’ meno epico. Fine dei giochi, insomma.
E parlando di epicità, che dire di Game of Thrones, altro pezzo di cuore lasciato là, sul campo di una battaglia combattuta per otto lunghi anni in streaming, con connessioni altalenanti, sottotitoli e traduzioni sgrammaticate. Non ci sarà una nona stagione, ma già si parla di spin off, prequel e sequel con cui macinare milioni di dollari. Eppure, nel profondo del cuore già lo sappiamo che non saranno all’altezza dell’originale. Anche in GoT, tra bicchieri di Starbucks che si accompagnano a draghi volanti sputafuoco, abbiamo finalmente trovato, che sia piaciuta o meno, la conclusione che attendevamo e che il buon George R.R. Martin tanto fatica a darci sulla carta stampata. È ancora troppo fresca la nostra perdita per spoilerare qualcosa riguardo al finale, quindi lascerò giudicare chi ancora non l’ha visto. Per noialtri, invece, l’inverno è già qui.
Grandi saghe che ci hanno accompagnato, volenti o nolenti, nei nostri anni migliori. Qualcuno di noi, nel frattempo, si è sposato, altri hanno figliato. Noi, che all’epoca del primo Iron Man quasi faticavamo a farci crescere la barba. Eppure, a me che pure sono un addicted di cinecomic e fantasy suddetti, c’è una serie che mancherà più di tutte. Una serie in cui, a differenza delle precedenti, non ci sono grandi battaglie o grandi eroi, eppure, nell’ultima puntata, c’è un grande discorso. Era dai tempi di Braveheart che non sentivo parole tanto potenti da far scaldare i cuori. Ma in questo caso non si parla di libertà e non siamo in Scozia. Il discorso a cui mi riferisco parla di amicizia e si tiene in Svezia, alla cerimonia di assegnazione del Premio Nobel e a farlo è uno di noi, il principe dei nerd: Sheldon Cooper.
Già, quest’anno è terminata anche The Big Bang Theory, una delle poche serie comiche che fanno veramente ridere. E a differenza dei suoi predecessori illustri (Friends, How I met your mother, Scrubs) ha una chiusura degna di questo nome, che non lascia l’amaro in bocca, ma che fa scendere una lacrima di commozione (se lo chiedete alla mia compagna vi dirà che le ha piante tutte), perché quelli siamo noi che discutiamo di supereroi, di fumetti e saghe da piccolo e grande schermo e siamo noi che mangiamo cibo spazzatura seduti su un tappeto in salotto; quelli siamo noi che giochiamo a Dungeons&Dragons e che fatichiamo a provarci con la più bella in discoteca, ma siamo anche quelli che, alla fine, dopo innumerevoli due di picche, ci siamo portati a casa la più bella. La più bella per noi, ovviamente, l’anima gemella, quella che ci siamo sposati e che ci ha dato i suddetti figli.
In TBBT non ci saranno grandi battaglie, ma nell’ultima puntata assistiamo alla lotta più grande, quella combattuta contro se stessi, contro la propria natura egoista. Di Sheldon si può dire tutto, ma con la riconoscenza proprio non ci è mai andato d’accordo, e quindi vederlo, nel momento più importante della sua vita, sul podio più alto che ci sia per uno scienziato, riuscire a cambiare il suo stesso essere (o forse solo tirarlo fuori da dove si era ben nascosto), rendendo merito ai suoi amici per quello che dovrebbe, una volta tanto, essere un suo successo, è stato a dir poco catartico ed emozionante.
Dodici anni sono passati e anche in questo caso siamo cresciuti insieme a Sheldon, Leonard, Penny e tutti gli altri e ci hanno fatto sentire un po’ meno neutrini e un po’ più quark. Con loro, da bambinoni nerd siamo diventati finalmente uomini e donne (sempre nerd, per carità!), pronti a insegnare ai nostri figli il valore dell’amicizia, quella vera. Ecco cosa ci farà superare questi tempi bui: gli amici. E forse, ora che non terremo più gli occhi incollati allo schermo per interminabili maratone, riusciremo a riappropriarci del nostro tempo, a renderlo luminoso e ad ambire ai grandi traguardi raggiunti dai nostri eroi di sempre.
Luca Rinaldi