Nessuno risorge bene come una donna: la storia di Nadia Murad
Fin dagli albori della nostra infanzia, un po’ la televisione e un po’ la realtà ci insegnano che nella vita si può e si deve cadere. La realtà più che la finzione, poi, ci ricorda che, una volta caduti, abbiamo due possibilità: quella di restare a terra oppure quella di rialzarci.
Ciò che diciamo principio
spesso è la fine, e finire
è cominciare.
(Thomas Stearns Eliot)
Crescendo, impariamo che nel mezzo di queste alternative ci sono infinite sfumature: ci si può rialzare, ad esempio, lasciando però un pezzo di cuore dove eravamo caduti, rendendocene conto subito o dopo moltissimo tempo, oppure si può restare a terra nella disperata attesa di qualcuno che venga a salvarci.
Dalla parte di chi si rialza, la mitologia ha messo la Fenice, uno straordinario uccello che, una volta distrutto, è in grado di rigenerarsi da solo, partendo dalle proprie ceneri.
Dalla parte di chi si rialza e non si ferma, dalla parte di chi tende la mano a chi è ancora a terra, invece, il destino ci ha messo una donna: Nadia Murad.
Vorrei essere l’ultima donna al mondo con una storia come la mia ha detto, ma scopriamola insieme.
Nadia oggi è una donna irachena di venticinque anni che combatte per i diritti che lei stessa non ha avuto, per rendere quei diritti di tutte le donne.
Quattro anni fa era una donna normale, a cui venne strappata via la famiglia, uccisa insieme agli altri abitanti del suo villaggio, davanti ai suoi occhi. Successivamente, venne rapita per essere resa prigioniera e schiava sessuale, insieme ad altre bambine e donne del suo villaggio.
Tutto ciò per mano dell’Isis.
Dopo tre mesi di prigionia e abusi, ha avuto la fortuna e il coraggio di riuscire a scappare e, una volta salva, invece di restare in silenzio ha continuato a lottare per riprendere in mano la propria vita e per risorgere ma, soprattutto, con l’obiettivo di combattere per quante donne ancora erano e sono in gabbia.
In un mondo dove una donna vittima di violenza pensa di essere essa stessa la causa di quell’evento e proprio per questo nutre vergogna e dove ovunque esiste una donna che soffre o muore per mano di un uomo, Nadia Murad è colei che lotta per una parte di quelle donne: da due anni è ambasciatrice ONU dei diritti umani e lotta contro gli abusi sessuali e per la difesa di tutte le vittime di violenza in ambito di guerra.
Il 5 ottobre 2018 le è stato inoltre conferito il Premio Nobel per la Pace.
Per la sua forza e per la sua volontà di non mollare.
Per il suo ruolo di donna che difende le donne, diffondendo un’idea di rispetto e di complicità, ma mai di colpa.
Per il suo essere fonte di grande ispirazione e per il suo non essere rimasta a terra.
Per il suo potentissimo non avrò pace finché tutte le donne non saranno libere.
Per questo e per molto altro, è una fenice che combatte.
Conosciuta anche come la Fenice Guerriera, è considerata tale perché rinata dal suo stesso dolore e perché è riuscita a trasformarlo in una fonte di speranza per quante ancora non sono libere.
Martina Casentini