Un uomo ammattisce se non ha il cioccolato
Il cacao è l’ingrediente principale del cioccolato. E, a volte, non lo è per nulla.
Ogni scusa è buona per fiondarci sul cibo. Siamo felici? Mangiamo. Siamo tristi? Pure.
Nel caso del cioccolato, non è affatto un caso se trangugiamo tavolette intere per contrastare una giornata uggiosa, un due di picche o un diciotto universitario: determinati composti chimici presenti nel cioccolato, molto simili a quelli riscontrati nella cannabis, stimolano la produzione di serotonina, il cosiddetto ormone del piacere che, appunto, allontana dai nostri cuori la tristezza. Il problema è che lo fa per poco. E, se esageriamo, possiamo cadere nel “cioccolismo”, che col suffisso –ismo ci ricorda tragedie fisiologiche come il tabagismo e l’alcolismo. Allo stesso modo è una dipendenza, e ne consegue una richiesta spasmodica di cioccolato, cioccolato!, CIOCCOLATO!!! (scusate, è un periodaccio…)
Ma perché accade ciò?
Sulla lingua, ma anche nelle guance, nel palato e lungo un bel tratto della faringe, ci sono le papille gustative deputate a recepire le molecole del dolce. Il recettore è legato a una proteina (di tipo G) chiamata (alfa)gustducina, scoperta nel 1992 e che, appena il dolce bussa alla porta, in un finissimo e precisissimo meccanismo di attivazioni di molecole arriva a suggerire al Sistema Nervoso Centrale di farci sentire bene.
Questo è uno dei motivi per il quale amiamo tanto la cioccolata, ed è per questo che i pediatri più assennati suggeriscono di far provare la cioccolata ai propri frugoli a piccolissime dosi e quanto più vicino all’età della maturità. Gli esperimenti effettuati sui topi (da parte del CNR di Cagliari) hanno confermato che la cioccolata è alla stessa stregua di una droga: più ne vuoi, ne hai o non ne hai. Okay, quelli sono topi, noi siamo uomini, ma scomodando lo scrittore Steinbeck e il suo – guarda un po’! – Uomini e topi: “un uomo ammattisce se non ha qualcuno”. In questo caso, qualcosa. Ed è vero, anche per le statistiche: nei paesi occidentali, circa il 40% delle donne è affetta da cioccolismo, gli uomini per il 15% circa. E secondo lo scienziato Mural, uomini e topi differiscono per “un pugno di geni”. I conti, purtroppo, tornano.
Ma cos’è il cioccolato?
Il cioccolato – generico –, la cioccolata – in crema –, il cioccolatto – se siete in un bel film di Totò –, è un derivato dei semi dell’albero del cacao, Theobroma cacao, tipico dell’America del sud, che contiene teobromina, un lontano cugino della caffeina (questa è detta 1,3,7-trimetilxantina, la teobromina ha un pezzo in meno in posizione 1 ed è quindi detta 3,7-dimetilxantina), la quale nell’uomo ha una tossicità irrilevante perché metabolizzata velocemente dal fegato (è un vasodilatatore, ma è mooolto blando) ma non negli animali da compagnia (il gatto di solito non preferisce il dolce, ma il cane lo mangia e – data la lentezza con la quale metabolizza tale xantina – può subire convulsioni o addirittura morire).
Nella preparazione, i semi di cacao possono essere tostati, aromatizzati, miscelati (ai vari tipi di olio per dare sapori e consistenze diversi, tipo a vaniglia o a latte in polvere), concati (il concaggio è la lavorazione in apposite impastatrici, a temperature definite e anche per settimane), temprati (il tempering consiste nel rendere il cioccolato solido, ma morbido da utilizzare), “moldati” (il molding serve per formare i pezzi di cioccolato ed eliminare imperfezioni dovute a bolle d’aria eventualmente presenti), impacchettati e commercializzati.
Ma perché esistono vari tipi di cioccolato, se il cacao è uno solo?
La risposta è nella lavorazione, di preciso nella miscelazione. In base a quanto altro viene messo nell’impasto, avremmo un “cioccolato fondente al 90%”, miscela in cui solo il 10% è occupato da zuccheri e altri insaporitori – un tipo di cioccolato quasi amaro; “cioccolato al latte”, in cui si abbassa la quantità di cacao per fare spazio ad altro, di solito latte in polvere e burro di cacao – questo tipo è più “bilanciato”; “cioccolato bianco”, che se leggiamo l’etichetta ci rendiamo conto che NON È cioccolato. O meglio, è un derivato, quindi per legge il produttore è coperto: di cacao nemmeno l’ombra, ma di burro di cacao quanto ne vogliamo – e per questo è il più dolce tra i tipi di cioccolato.
Quindi: il cacao e il cioccolato sono la stessa cosa?
La risposta è no, ma è più complessa: il cacao fa parte del cioccolato. Il cioccolato contiene, oltre al cacao, anche altri ingredienti, molto spesso derivati dello stesso cacao (il burro di cacao è la parte grassa del cacao). Il cioccolato è quindi dolce. Il cacao è invece amaro, ma di un amaro che (se di qualità) sprigiona poi note di frutta, fiori, miele.
Vi sentite di impazzire? Beh, adesso sapete il perché dell’esuberanza di Willy Wonka e la sua famosa fabbrica!
Antonio Liccardo