Big Fish: l’immortalità di una storia tra realtà e finzione
Big Fish – Le storie di una vita incredibile è un film del 2003 diretto dal visionario Tim Burton, tratto dall’omonimo romanzo di Daniel Wallace. Una sorprendente vita in cui un padre dona in eredità al figlio la capacità di riconoscere la sua vocazione, il suo senso dello stare al mondo.
“C’è un tempo in cui un uomo deve lottare e un tempo in cui accettare la sconfitta: quando la nave è salpata solo un matto può continuare ad insistere. Ma la verità è che io sono sempre stato un matto!”
Edward Bloom, un sognatore, un eterno affabulatore romantico, un personaggio eccentrico che ama raccontare storie, ma non delle semplici storie, fiabe o racconti per bambini,narra la propria vita rendendola piena di colori, incontri improbabili, luoghi in cui il tempo si ferma e si mescolano avventure fantastiche e assurde: dall’incontro con un uomo alto cinque metri, a quello con l’uomo lupo e con una strega dall’occhio di vetro, fino al racconto del grande pesce che nessun uomo era mai riuscito a catturare e che invece lui aveva preso proprio nel giorno della nascita di suo figlio William, grazie ad un’esca magica, ovvero la sua fede nunziale. Un anello che rappresenta la fedeltà all’amore, ma al tempo stesso, serve a chiudere il cerchio di questa vita incredibile, ritrovando quel legame sciolto da tempo con il proprio figlio. Da bambino anche William era affascinato dalle mirabolanti storie che suo padre raccontava, ma diventato adulto ha compreso la loro natura fittizia. Ai suoi occhi Edward altro non è che una figura patetica e lontana, incapace di affrontare la vita reale, ritenendolo colpevole di evitarla, di fuggire dalla realtà circostante, acquisendo quasi le sembianze di un personaggio misterioso e mitologico. Quando Edward si ammala gravemente, William ritorna dai genitori insieme alla giovane moglie; così attraverso ricordi e dialoghi intraprende un personale viaggio alla scoperta della vera vita del padre, cercando di scindere la realtà dalla fantasia. Qui i ricordi della sua infanzia tornano alla luce insieme a quelli dei magici racconti di Edward. In quei pochi giorni che separano il padre dalla morte, William scoprirà quanta verità sia in realtà celata nelle storie del padre. Edward Bloom si ostina a ricordare il suo incontro con una vecchia strega, la quale mostra il futuro degli uomini attraverso il suo occhio di vetro; l’incontro con un gigante gentile che lo aiuterà in diversi casi, il suo strano soggiorno nello sperduto paesino di Spectre, dove gli abitanti vivono senza scarpe (tutte appese ad un filo all’ingresso del paese), perché hanno deciso di vivere lì in perfetta armonia con la natura. La sua gavetta nel circo fra nani e uomini lupo, in cui prende coscienza del fatto che quasi tutte le creature che consideriamo malvagie e cattive sono semplicemente sole. Senza dimenticare la sua mirabolante impresa nella guerra di Corea, la romantica conquista della moglie, per la quale ha lavorato tre anni pur di riuscire a scoprire la sua identità. Infine, quella continua ricerca del Big Fish, simbolo di una tensione per una dimensione magica dell’esistenza mai spenta, mai sopita. Magia e realtà sono perfettamente conciliabili e William riuscirà a scoprirlo. È proprio nella perfetta contaminazione tra realtà e immaginazione che il film tocca alte vette di inaspettato lirismo, visivo e non, e il continuo alternarsi tra i flashback temporali non snatura il perfetto sviluppo della costruzione narrativa, nel quale la versione fantastica della vita del giovane Edward si alterna con il doloroso presente, permettendo il corretto districarsi del riavvicinamento tra padre e figlio. In punto di morte, Edward chiederà a suo figlio di raccontare una storia ed è proprio in quel preciso instante che William si lascerà andare alla fantasia, immaginando di correre fra i corridoi dell’ospedale con suo padre in braccio, reso leggero dall’ immaginazione stessa e dal potere del racconto. Fino ad arrivare al fiume, dove tutti i suoi stravaganti amici sono lì ad aspettarlo, ad aspettare l’uomo che tutti hanno amato. Quando il figlio immergerà il padre nelle acque, quest’ultimo ritroverà la sua dimensione fantastica, quel grande pesce libero di nuotare in una vita resa immortale dal desiderio di amare e raccontare storie, mentre William impianterà le sue radici nei racconti del padre, ereditando la bellezza e la magia di un mondo intessuto di storie.
“Vi è mai capitato di sentire una barzelletta così tante volte da dimenticare perché è divertente? E poi la sentite di nuovo e improvvisamente è nuova. E vi ricordate perché vi era piaciuta tanto la prima volta… A furia di raccontare le sue storie, un uomo diventa quelle storie. Esse continuano a vivere dopo di lui, e così egli diventa immortale”.
Marianna Allocca