La riproducibilità di un’opera d’arte ne svaluta l’aura?
Arte e tecnica si sono da sempre incontrate a metà strada, ma è vero che se un’opera d’arte viene riprodotta perde la sua aura?
Per scoprire ciò dobbiamo innanzitutto chiederci: cos’è che rende l’arte veramente autentica? Quando lo spettatore del passato guardava per esempio un quadro, la relazione tra loro era unica. La fruizione stessa era un’esperienza estetica irripetibile, data da una serie di fattori e influenze da entrambe le parti: l’oggetto artistico, da una parte ha un valore estetico, ma anche culturale, che viene percepito dallo spettatore in quanto manifestazione di un’intuizione originale ma, soprattutto, geniale.
Cosa succede quando l’arte inizia ad essere riprodotta in larga scala? Come ci ricorda Walter Benjamin in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, l’opera d’arte è sempre stata riproducibile, attraverso tecniche quali la silografia, ma sempre a livello artigianale. Poi arriva anche la fotografia che apporta un’ulteriore accelerazione.
Nuovi mezzi, nuove tecniche, significano anche un ripensamento totale della produzione artistica: l’opera non è più pensata per essere unica, ma proprio per essere fruita e soprattutto il suo design è dettato da regole tecniche dati dai mezzi usati. Dürer è il primo a concepire un tipo di illustrazione pensata secondo schemi ripetibili.
Panofsky nota infatti un filo rosso che collega i tempi di Dürer ai moderni studi di cartoni animati in quanto esempi limpidi di progettazione industriale: la loro realizzazione prevede infatti più livelli di produzione seriale. Un altro esempio chiaro e noto è Hokusaki, che non è assolutamente un pittore mancato, anzi, ogni suo tratto è stato pensato per essere inciso e stampato, in quanto una volta trasferiti su legno, non perdono né di forza né di vivacità.
Pensiamo a quante riproduzioni della Notte stellata ci sono appese nelle case di tutto il mondo… Quello è un tipico esempio di fruizione della copia, che non appiattisce completamente la fruizione, anzi, “oggi il pubblico (colto e popolare) prova di frontali originali un senso amplificato dell’aura, di certo diverso da quello di un uomo dell’Ottocento, ma non per questo meno mistico”.
Carolina Niglio