Una lacrima sul viso, ho capito tante cose… soprattutto se è un tatuaggio!
Tatuaggio sì o tatuaggio no? Questo è il dilemma!La differenza tra farlo e non farlo è la stessa che c’è tra rimorso e rimpianto. In ogni caso quando la pelle si tinge d’inchiostro voi sarete cambiati per sempre, nel bene o nel male.
Indovinello del giorno: in un bar, seduti a un tavolo, ci sono Kim Jong-un, un ergastolano senza speranze, un ex-gerarca nazista e un povero malese timorato di Dio. Qual è l’argomento della discussione?
Beh, l’argomento è il seguente: tatuarsi o non tatuarsi?
C’è chi lo fa per scelta, chi per scommessa, chi ci è costretto e a chi è addirittura proibito. I tatuaggi hanno significati più o meno reconditi, portano con sé ricordi felici, ma spesso anche dolore e sofferenza. Di curiosità, intorno a questo fenomeno che da sempre divide favorevoli e contrari, ce n’è a bizzeffe. Qui ne proponiamo 5 meno conosciute e dai risvolti a dir poco paradossali.
1- Parlando di tatuazione al lettore verrà spontaneo pensare che la frase che sta leggendo sia corretta. E invece l’errore è proprio lì, in quella parola: tatuazione. Già, perché nella lingua italiana non esiste un sostantivo del verbo tatuare. Tatuazione? Tatuamento? Voi come lo direste? Non state a dannarvi l’anima perché in ogni caso sarebbe sbagliato. E non provate neanche a metterlo per iscritto perché il sempre efficiente correttore automatico di Word vi sottolineerà la parola con un bel tratto rosso senza darvi il benché minimo suggerimento alternativo. E allora è inutile provare a dirlo o a scriverlo, tanto vale farselo, il tatuaggio!
2- Tatuaggi vietati. Il mondo è bello perché è vario, ma alcuni Paesi hanno creato apposite leggi per vietare il tatuaggio in sé o specifici disegni su pelle. E se Germania, Francia e Slovacchia vietano per ovvi motivi i tatuaggi inneggianti o rappresentanti la cultura nazista, nella tanto additata Corea del Nord ci si può invece tatuare liberamente. O quasi. Sono ammessi infatti solo tatuaggi che glorifichino la famiglia Kim o quelli che promuovano un messaggio politico in linea con il dittatore. Massima libertà d’espressione, insomma, tanto che, per chi trasgredisce tatuandosi qualcos’altro, le pene sono severe: dall’espulsione, per gli stranieri, ai lavori forzati per i cittadini coreani. Ma del resto che volete che sia una misera punizione in confronto alla collera divina: in Malesia, infatti, chi si tatua è considerato addirittura un peccatore, in virtù del suo disprezzare e rinnegare il modo in cui Dio l’ha creato.
3- Lacrime, orologi e ragnatele. Dura la vita dietro le sbarre. Senza spingerci agli eccessi di Prison Break, serie tv in cui il protagonista si tatua su tutto il corpo il proprio piano di evasione, basti sapere che i tatuaggi tipici delle prigioni (quelle vere) portano con sé i significati più agghiaccianti. Chissà se Pierrot si era reso conto di cosa significasse la sua lacrima nera sotto l’occhio. Le lacrime nere tatuate sul volto di un detenuto significano che questi ha già commesso almeno un omicidio nella sua carriera criminale. E nella cella accanto potreste tranquillamente imbattervi in un galeotto con una lacrima vuota che scende sotto l’occhio. Significa che è in attesa di completare un lavoro (inteso come reato) oppure non è ancora riuscito a consumare una vendetta. Quando ciò accadrà potrà riempire la sua lacrima d’inchiostro e ritenersi soddisfatto. Ma la vera attesa, seppur vana, la vive il detenuto della cella numero 3, con un orologio tatuato sul polso. Un orologio privo di lancette, il suo, a indicare il tempo che si è fermato da quando si è beccato l’ergastolo. Il suo compagno di cella invece ha una ragnatela gigante disegnata sul gomito. Ebbene, i due si faranno compagnia per parecchio tempo, perché più ampia è la ragnatela e più lunga è la pena da scontare.
4- Tatuaggio sì, tatuaggio no. Sapevate che l’Halakha, la legge ebraica, proibisce i tatuaggi? D’altro canto però avere un tatuaggio non impedisce la sepoltura in un cimitero ebraico. Ma rimuovere un tatuaggio a un ebreo dopo il decesso è assolutamente vietato. Insomma, c’è parecchia confusione a riguardo.
5- E parlando di cultura ebraica non si possono non citare gli infamanti tatuaggi a cui sono stati costretti i deportati nei lager nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Ebbene, sappiate però che, nei campi di concentramento, il tatuaggio lo avevano praticamente tutti, vittime e carnefici, con una piccola differenza: gli ebrei venivano tatuati per annullare le loro identità, per renderli semplici numeri spersonalizzati da dover depennare dalla sempre più corta lista dei vivi. Le SS naziste invece venivano tatuate al momento del reclutamento. Numero di matricola e gruppo sanguigno venivano impressi con l’inchiostro sotto l’ascella o sull’avambraccio o, ancora, nell’interno coscia, ma per un motivo completamente diverso: poter confermare l’identità del soldato in caso di ritrovamento del corpo sul campo di battaglia.
E allora, siete proprio sicuri di voler ancora fare un tatuaggio? Ricordate sempre le parole di J-Ax: “i tatuaggi fanno male anni dopo, ma per quello che ricordano”.
Luca Rinaldi