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JOKER: TOC TOC, BENG BENG

Ah… l’amore.

Le farfalle nello stomaco, la testa nelle nuvole.

Quando l’ho visto, lì, con i suoi capelli verdi e sottili, vestito di tutto punto, mi ha fatto sentire un brrrrrr, un brivido correre lungo la schiena.

Devo ammettere che come tutti i più grandi amori, al primo trailer non ero rimasta proprio così affascinata. Lo ammetto, mi veniva da paragonarlo al mio ex vestito di viola e leggermente più dark.

Poi, però, conoscendolo, piano piano, poco a poco, ho visto qualcosa di diverso.

Il JOKER di Todd Phillips non è come me l’aspettavo. In realtà non so nemmeno io cosa mi aspettassi, quello che mi sento di raccontare, però, sono i dettagli che mi hanno reso la visione di questo film tra le più piacevoli degli ultimi anni.

Ora, intendiamoci: la mia competenza cinematografica si limita a notti insonni passate a guardare montagne di film di ogni tipo, alla discussione, alla conseguente sete di conoscenza e, infine, alla ricerca spasmodica di informazioni.

Il film si chiama JOKER, la prima cosa che mi salta all’occhio è il carattere usato per il titolo che spadroneggia in giallo sul grande schermo invadendoci le pupille, è lui, il suo ego, il suo disturbo narcisistico sopito che irrompono nella sala gremita e buia.

A interpretalo c’è Joaquin Phoenix con la sua sexyissima cicatrice pro labiale che all’inizio è solo Arthur, malato, disadattato e senza senso della realtà, ma poi diventa anche Joker, malato, disadattato e senza senso della realtà.

L’unica cosa che distacca Arthur da Joker qual è?

La maschera di insicurezza.

Magrezza patologica, immaginazione più che fervida e un passato traumatico non hanno fatto sì che Arthur sia insicuro, no. Lo ha fatto sua madre, la donna che per anni ha curato e accudito, la donna che, però, gli ha sempre mentito e lo ha reso quello che è. Arthur soffre di un disturbo per cui ride quando è sotto pressione, un disturbo che forse non è un disturbo, ma è semplicemente la manifestazione di una latente sociopatia criminale che si porta dentro o che magari è nata col passare del tempo, ma non importa, non è questo il punto.

Il punto è che Arthur è la maschera stessa,  JOKER è ciò che è, ciò che la società ha creato.

Non è un caso che il nome Joker glielo affidi proprio il suo showman preferito, Murray Franklin e per fare ciò che per tutta una vita TUTTI hanno fatto: deriderlo.

Il contrappasso dell’esistenza, lui voleva far ridere e la gente ride di lui. Non fa una piega, questa è la dimostrazione che se esiste un dio, ci ascolta solo da un orecchio. Questo Joker agli albori non uccide senza motivo, non folleggia gozzovigliando nella propria indole, questo Joker è all’apice della follia e voi mi direte:- ma come? Uno che ammazza, ride e si veste da clown, ora è nel proprio apice di follia?-

Sì.

Perché Arthur non esiste, è solo un riflesso sfocato nella vita di qualcun altro.

Ricordiamoci che origini certe al cento per cento di Jokernon esistono e che lo stesso Phillips, qui, accende la miccia della paternità di Wayne e dell’adozione senza districare la matassa. Joker esiste e si è creato con l’assemblamento di un pezzo su un altro con la scusa della società.

Joker c’è, è lì e scende le scale, si trucca e da Arkham riuscirà sempre a fuggire creando caos nelle vite delle persone, perché lui è il caos.

Il freddo nulla quando uccide sua madre, l’adrenalina degli spari e l’ansia delle risate si stringono nel cerchio di Gotham city, decadente emblema della città contemporanea distrutta da un’emergenza rifiuti e dove i ricchi sono ricchissimi e i poveri sono poverissimi. Il capitale umano che genera odio e che porta le persone a seguire un “pagliaccio” che, alla fine, voleva semplicemente stare sotto i riflettori.

Eppure, eppur sapendo che tutto ciò non ha senso, che è sbagliato, pur conoscendo Joker come la nemesi di Batman, usciti dal cinema l’unica cosa che ci sentiamo di fare è

e magari pensiamo: “Bah, forse ho avuto una brutta giornata anche io”.

Benedetta De Nicola

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Benedetta De Nicola

Prof. di lettere, attivista fan Marvel da sempre. Ho fondato La Testata e la curo tuttora come caporedattrice e art-director.
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