Gandalf, il pellegrino grigio
“Era guidato da un vecchio con un aguzzo cappello blu, un largo mantello grigio ed una sciarpa color argento. Aveva una folta barba e sopracciglia cespugliose che spuntavano oltre le falde del cappello.”
Immagino che la maggior parte di voi ha già capito di chi stiamo parlando: Gandalf, il grigio pellegrino che vaga per i paesi della Terra di Mezzo. Questo personaggio è talmente incredibile che non serve essere tolkieniani incalliti per conoscerlo, chiunque infatti lo ha sentito nominare almeno una volta. Ma perché? A mio parere Mithrandir (così viene chiamato dagli elfi) rappresenta una figura tanto emblematica quanto innovativa: il saggio stregone vestito di tunica e mantello, cappello a punta e barba lunga, è un archetipo che si ripete nella storia e nella letteratura. Lo abbiamo visto con Merlino, ma ancor prima con la figura di Odino, entità dal quale il personaggio tolkieniano prende ispirazione.
Tuttavia è la prima volta che lo stregone appare in un racconto della nostra epoca, e chi se non il padre del fantasy moderno poteva proporre una figura del genere? L’eco di Gandalf si è mantenuto fino al ventunesimo secolo, quando stregoni dalla barba lunga hanno iniziato a proliferare in ogni tipo di opera letteraria.
Per quanto le imitazioni possano essere affascinanti, purtroppo per loro nessuno batte il pellegrino di Tolkien: più di 2000 anni, oltre 5 nomi, saggezza sconfinata. E poi diciamocelo, chi altri avrebbe potuto sconfiggere un Balrog da solo e tornare, seppur con altre vesti, per raccontarlo?
Alberto de Vito Piscicelli