Il lato oscuro di JOKER
JOKER di Todd Phillips è senza dubbio il film del momento. Nel volergli dedicare una vignetta ho anche deciso di tirar giù un paio di righe, condividendo con voi le mie riflessioni.
Nell’immaginario collettivo Joker è la perfetta nemesi di Batman. Non c’è uomo pipistrello senza il suo sadico pagliaccio. “Io e te siamo destinati a fare questa cosa per sempre” diceva Heath Ledger in The Dark Knight.
Nel film di Phillips, invece, Joker è la nemesi di una società degenerata dove i più deboli vivono ai margini. Molte le analogie con Taxi driver e i richiami fotografici ai film di Scorsese: non è un caso che il nome del Joker sia Arthur, lo stesso del patriota statunitense che con il suo tentativo di assassinare il candidato democratico alle presidenziali George Wallace ispirò il personaggio interpretato da De Niro nel 1976.
Ma nell’interpretazione più umana, più schizofrenica e psichicamente disagiata mai vista in pellicola, Todd Phillips non taglia il cordone con il continuum cinematografico del villain DC. Anche questo Joker mostra la sua morbosità per mezzo televisivo, il suo desiderio di apparire, farsi conoscere per poi ripudiare il meccanismo. Altro punto importante dei Joker cinematografici è il rapporto con la massa: il pagliaccio di Burton la ingraziava e comprava come un politico, quello di Nolan la terrorizzava, quello interpretato magistralmente da Phoenix non la governa, la incendia inconsapevolmente, la sobilla. Perché il suo malessere è lo stesso della massa.
Velate ma non troppo le citazioni a The Dark Knight e al fumetto The Killing Joke. Così, nell’oceano di miti fondativi sulle sue origini, Phillips ci mostra un’altra faccia di J. Il suo lato più oscuro.
La dicotomia tra cinecomics e film di denuncia sociale rischia di rovinarne la visione. JOKER è un film da vivere che cerca la coesione tra queste due facce. Riuscendoci appieno.
Simone Passaro
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