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L’amara illusione de “La grande magia”

Dal 17 Ottobre al 10 Novembre, al San Ferdinando, Lluís Pasqual ci regala la sua La grande magia di Eduardo de Filippo

Hotel Metropole: due donne molto poco discrete ci informano che tra Calogero Di Spelta, un mirabile Claudio Di Palma, e sua moglie Marta (Angela De Matteo) le cose proprio non vanno. All’ingresso in scena del signor Di Spelta, un malizioso riferimento a Mariano d’Albino smaschera immediatamente l’asfissiante gelosia che logora il rapporto tra moglie e marito: il cinico e diffidente Calogero, che “non concede tre centesimi neanche a se stesso”, che non si concede il lusso di avere sorprese, appare fin da subito come marito “cornuto” e inconsapevole.

Ad entrare nel rapporto logoro e sfinito tra i coniugi Di Spelta è il professor Otto Marvuglia, in una interpretazione pulita e magistrale di Nando Paone. Si tratta di un ciarlatano, un artista del raggiro, un prestigiatore che fa magie e salti mortali per tirare avanti. Otto Marvuglia si presta al piano di Marta e del suo amante Mariano per fuggire insieme, facendo sparire la donna in un sarcofago. Da qui avrà inizio la rapida discesa di Calogero Di Spelta verso la follia.

De Filippo ne La grande magia disegna una cerniera, una sintesi di due secoli di riflessioni sulla verità, sul rapporto tra illusione e realtà: da Leopardi a Pirandello, dalle illusioni come produzione mentale, come dimensione alternativa e consolatoria rispetto all’arido vero, alla follia come rifugio, come ordigno che rompe l’ingranaggio della grande “pupazzata” che sono la famiglia e la società. Tutto questo ottiene una sintesi e sistemazione nel dramma di Eduardo.

Le illusioni sono “fenomeni di pura coscienza atavica” che mascherano la miseria della realtà, la pochezza delle persone e dei sentimenti. Il mondo de La grande magia è un mondo in cui tutto “così è se vi pare”: la realtà delle illusioni è un albergo confortevole, accogliente, in cui proteggersi dalla meschinità del presente. E se per rifugiarsi nella realtà delle illusioni bisogna abbandonarsi alla follia, allora Calogero negherà la verità, l’evidenza, l’affidabilità dei sensi per pernottare stabilmente nell’irrazionale.

De Filippo dà corpo, parole, immagine a secoli di riflessioni e lo fa riuscendo addirittura a strappare non poche risate, seppur talvolta amare. Ma il merito di Lluis Pasqual, che con la sua opera inaugura la stagione de La grande magia dello Stabile, è quello di offrirci una regia sapiente, costumi sfavillanti, scene ipnotiche, semoventi, abbaglianti e luccicanti e un’atmosfera leggera e magica. Nella resa di Pasqual lo spazio della scena si dilata, si espande invadendo e inglobando la platea, per permettere all’opera di abbattere il vincolo delle unità di luogo e di azione. Il muro che separa il pubblico dalla scena è rotto dalle musiche dal vivo di Dolores Melodia e Raffaele Giglio, che con un’inaspettata parabasi coinvolgono il pubblico, lo sollevano dall’ascolto passivo.

Il risultato è un’opera che porta con sé la capacità tutta partenopea di sorridere davanti alla meschinità e all’ostilità della vita.

Valentina Siano

La Redazione

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