L’uguaglianza dei diritti ha un nome: Olympe de Gouges
Autrice della Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, Olympe de Gouges visse all’epoca della rivoluzione francese facendosi strada tra gli esponenti del tempo. Il suo obiettivo? Far sì che venissero riconosciuti egual diritti alle donne, così come era stato fatto con gli uomini. La sua condanna? La ghigliottina.
Olympe de Gouges, al secolo Marie Gouze, nasce da una relazione extra-coniugale della madre nel 1748. Durante la sua vita conosce presto i dolori che vivono l’altra faccia della medaglia dell’amore: quando era ancora neomamma suo marito muore. Fu così che Olympe decise di non sposarsi mai più, considerando il matrimonio la tomba dell’amore e della fiducia. Ciò nonostante non visse come una cortigiana, ma visse di passioni, di cui la sua scrittura e il suo animo rivoluzionario si nutrivano, fino allo scoppio della rivoluzione francese.
Nel fermento del pensiero rivoluzionario, nel 1788 Olympe redige un nuovo programma di riforme sociali veicolate attraverso opuscoli politici che suscitano nella società reazioni contrastanti. Nella Lettera al popolo continua a mostrare il profilo d’impostazione patriottica volto a svegliare l’animo dei suoi concittadini e a questo scritto seguiranno altri opuscoli, indirizzati ai rappresentanti delle tre principali legislature della rivoluzione, ai club patriottici, alle personalità che ammirava, come La Fayette, Necker, Mirabeau.
Quando Luigi XVI è condannato a morte, Olympe assieme ai suoi sodali si oppone fermamente alla condanna, anzi, nel dicembre del 1792 è la stessa Olympe che si propone di assistere Malesherbes nella difesa del re al cospetto della Convenzione. La sua richiesta viene rigettata, ma Olympe aveva un’altra idea a riguardo. Ella sosteneva infatti che se le donne hanno il diritto di salire al patibolo, allora hanno anche il diritto di salire in tribuna. La sua è una voce che si alza forte, le donne hanno eguali capacità degli uomini, chiede dunque che vengano ammesse ai dibattiti politici e sociali.
Grazie alla sua battaglia politica, Olympe riesce ad ottenere che le donne siano ammesse per la prima volta a cerimonie di carattere nazionale. Ed è alla regina Maria Antonietta che Olympe indirizza la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, nella quale afferma l’eguaglianza dei diritti politici e civili tra i sessi. Ma Olympe non si ferma solo a questo, la sua mente riconosce i problemi e vuole affrontarli e superarli. Chiede – e siamo sempre all’altezza cronologica di fine Settecento, in un’epoca in cui il voto era concesso solo agli uomini e costava tre giornate di lavoro – che sia possibile sciogliere i matrimoni e che venga ammesso il divorzio. Va oltre: chiede il riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio e addirittura la possibilità di stipulare un contratto tra concubini (materia che ancora oggi crea non poche controversie).
Ma queste non sono le uniche materie cui si interessò Olympe; fu promotrice di un sistema di welfare, per garantire assistenza e protezione materna e infantile, oltre a proporre la creazione di alloggi per i ceti meno abbienti e di ricoveri per i mendicanti.
Dopo aver preso atto di quelli che furono i massacri dei 2 e 3 settembre del 1792, Olympe assume l’accusa contro i responsabili, indicando in modo particolare Marat e accusando Robespierre di aspirare alla dittatura. Dopo aver fomentato il popolo con le accuse mosse ai principali esponenti politici, nell’agosto del 1973 viene arrestata e il 2 novembre portata in tribunale, dove è condannata a morte.
Olympe salì al patibolo con gran coraggio e dignità, dando ancora una volta dimostrazione delle sue idee: una donna che può salire al patibolo, può certamente aspirare alle più alte cariche pubbliche. E anche se Olympe un posto tra chi comanda non l’ha avuto, ne ha occupato uno più importante: Olympe resta nel cuore e nella mente di chi crede, di chi lotta e di chi non si ferma davanti ai limiti perché vengano riconosciuti i propri diritti.
I corpi passano, le idee restano per sempre.
Francesca Caianiello
Disegno di Alberto De Vito Piscicelli