Santa Luciella ai Librai e il miracoloso teschio con le orecchie
Nel cuore del centro storico di Napoli, tra labirinti di chiese e vicoli angusti di rado battuti dal sole, sorge in via San Biagio dei Librai.
A pochi passi dalla chiesa dei Santi Filippo e Giacomo, la chiesa di Santa Luciella, fondata intorno al XI secolo, poi divenuta luogo di culto dei Pipernieri, scalpellini e scultori di piperno, proprio in quanto dedicata a Santa Lucia, la patrona degli occhi, per chiederle protezione dalle schegge di roccia.
La chiesa, abbandonata sin dal terribile terremoto dell’ ’80 che ne danneggiò gravemente le strutture, ha riaperto al pubblico grazie al progetto di recupero dell’associazione Respirare Arte, composta da cinque professionisti tra architetti e storici dell’arte, che dal 2017 lavora assiduamente alla messa in sicurezza del luogo e alla raccolta di fondi per un futuro restauro.
Chi di voi ha familiarità con le leggende napoletane avrà già sentito parlare di questo piccolo gioiello di chiesa per la presenza, nella sua cripta, del famoso “teschio con le orecchie”, oggetto di devozione secolare da parte dei cittadini fedeli al culto delle anime pezzentelle, che gli rivolgevano preghiere nella speranza che potesse udirle e inviarle all’Aldilà.
Oggi, grazie al lungo lavoro di ristrutturazione e riorganizzazione degli spazi, è possibile visitare l’ipogeo inferiore di Santa Luciella, piccola cappella sotterranea, composta di terre sante e scolatoi, costellata di crani esposti e ossa di ogni tipo, tra i quali riposa ancora il leggendario teschio, richiamo visivo molto forte al mosaico romano custodito al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nell’opera si nota, infatti, un teschio con orecchie ossee che ghigna, circondato da simboli e figure misteriose. Di fatto, il mosaico rappresenta un’antichissima testimonianza dell’esoterismo napoletano e contiene molti richiami a quello che, in seguito, divenne il codice massonico.
Tornando al teschio di Santa Luciella, non è ben chiaro, guardando le inusuali protuberanze ai lati, se si tratti di cartilagine mummificatasi durante l’antico processo di scolamento dei cadaveri o di vere parti ossee auricolari.
Anche la sua identità è avvolta da secoli nel mistero; unica certezza è la sua presenza, lì nella cripta, dal XVII secolo. Forse in vita, uomo o donna che fosse, è stato vittima della terribile pestilenza che colpì Napoli e decimò metà della popolazione dell’epoca.
Seppure quasi quarant’anni siano passati dalla chiusura al pubblico della chiesa di Santa Luciella, gli abitanti del quartiere non hanno dimenticato le tradizioni e il culto legati al prodigioso teschio. Bigliettini con preghiere e ringraziamenti invadono le terre sante della cripta, i fedeli ancora stanno attenti a ogni parola che esce dalle loro bocche, perché il teschio, messaggero tra i due mondi, può certamente sentire e riferire ai piani alti.
Claudia Moschetti
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