Esposizione di Francesco Paolantoni: il dado, o meglio, il cubetto è tratto
Noto al pubblico per la sua carriera di attore di teatro e televisione, Francesco Paolantoni si cimenta da anni nell’arte del cubismo o, per meglio dire, cubettismo.
Celebre per le sue apparizioni televisive come in Mai Dire Gol, Quelli che il calcio e Indietro tutta, o anche le performance teatrali come La gente vuole ridere, Fuori nevica e Killers insieme a Vincenzo Salemme, Francesco Paolantoni rivela in questa esposizione personale tenutasi presso la Galleria Toro Arte Contemporanea di Sessa Aurunca anche il suo lato artistico, raccontandoci di come le sue opere siano nate e poi evolute.
L’origine è da cercarsi in un comportamento quasi ossessivo di Paolantoni: quello di creare quadratini con la mollica del pane.
Esatto: non palline come a qualcuno di noi sarà sicuramente capitato di fare, ma quadratini. Qualcosa di ben più complesso.
Alla domanda del perché i quadratini, due sono le risposte che ci vengono date: la prima, definibile maccheronica, è “forse a causa di una nevrosi”; la seconda più artistica riferisce che “il quadrato rappresenta anzitutto la traduzione iconica del concetto di spazio, mentre il cerchio si identifica con il tempo. Il cubo simboleggia la perfezione terrestre, perfezione che si ritrova nel ripetersi, nelle umane quotidiane attività, nel numero quattro: le quattro direzioni per l’orientamento, i quattro stati della materia, le quattro stagioni, le quattro fasi vitali”.
Vincenzo De Luca sostiene che “se l’arte potesse scegliere in quale forma manifestarsi, sarebbe sicuramente, su un piano, un quadrato e, come solido, un cubo”.
Ma in che modo Paolantoni riesce a trasformare questi cubetti in opere d’arte? Attraverso una costruzione molto simile a quella di un mosaico che, a detta di Mario Paz, “deve la sua fortuna allo stupore che provoca l’enorme mole di lavoro che sta dietro la realizzazione di ciascun pezzo”.
Le opere di Paolantoni sono opere astratte, sì, ma perfettamente leggibili.
I soggetti rappresentati sono quelli “mitici” napoletani: Totò, San Gennaro, Maradona.
Nonostante il loro essere fatti di cubetti, sono riconoscibili anche attraverso i simboli che li hanno contraddistinti: il numero dieci per Maradona, la mitra per il patrono di Napoli e la bombetta per il principe della risata.
I materiali di cui queste opere sono composte si sono evoluti insieme alla tecnica: dal pane, che però presentava il problema dei pappici che finivano col fagocitare l’opera, all’argilla per arrivare alla fase attuale che è quella della pelle.
Ultima ma non ultima perché Paolantini afferma con vigore che continuerà a sperimentare e a creare nuovi soggetti, usare nuovi materiali e nuove forme.
Anzi, forme no. Il cubetto è l’unica certezza.
Maria Rosaria Corsino