Fata Lina e il suo segreto: quando la Melevisione educa
Tra le oltre mille puntate della Melevisione, ce ne sono alcune che gli stessi autori considerano “speciali” perché affrontano temi più delicati che, agli occhi di noi tutti, potrebbero sembrare poco adatti ad un bambino.
Tra queste puntate, troviamo Il segreto di Fata Lina, una puntata che risale ai tempi di Tonio Cartonio e che è stata riproposta anche quando è arrivato Milo Cotogno.
Andiamo a scoprire insieme com’è andata quella volta che la Melevisione spiegò ai bambini (ma anche ad alcuni adulti) che cos’è un abuso sessuale.
Il tema dell’abuso viene affrontato dagli autori dal punto di vista della nostra amata Fata Lina e sembra ripercorrere, nel breve tempo che ricopre, le principali fasi che si trova ad affrontate una persona, una donna o un bambino quando si trova a essere vittima di qualcosa che, ai suoi occhi, potrebbe apparire ‘normale’ in virtù del fatto che proviene dalle mani di una persona di cui si fida.
Ma di normale, purtroppo, quelle mani che la sfiorano, non hanno proprio niente.
Fase 1 – La fuga
La puntata inizia nella stanza del folletto e della fata che corre a cercarlo. <<Tonio, Tonio>> urla la fatina in modo disperato, ma Tonio non c’è e Fata Lina se ne va. Ad un tratto, poi, Tonio arriva e sono proprio i bambini a diventare portavoce della loro amica fata e ad avvertire il folletto della strana visita ricevuta.
I bambini sono al centro, sono un grande aiuto, vengono inseriti a pieno titolo nel ruolo di protagonisti e il loro legame con i personaggi, già forte, diventa ancora più grande nel momento in cui soffrono.
Fase 2 – La vendetta
Fata Lina, rimasta ormai sola e non riuscendo a trovare qualcuno con cui parlare e sfogarsi, va da Strega Salamandra, offrendole la propria voce in cambio del “potere che incenerisce”. La fata, mossa dalla paura, vorrebbe solo distruggere colui che l’ha violata, anche a costo di perdere la cosa più cara che possiede. E così, è proprio la strega a correre ad avvisare il folletto bibitiere.
Fase 3 – È colpa mia?
La fatina, distrutta anche da questo secondo tentativo finito male, si reca al pozzo e offre i suoi risparmi in cambio di risposte. La scena del pozzo, la più straordinaria della puntata, attraverso un gioco di echi risponde alle domande che si pone chiunque, quando si trova in queste situazioni:
“È colpa mia oppure no?”
“Colpa, no”
“Come faccio a liberare la mia pena, come faccio a raccontare?”
“Pena, raccontare”.
È proprio il pozzo a dare alla fata le risposte che tutti dovrebbero ricevere: non è colpa tua, parlane.
Fase 4 – La negazione e la vergogna
Tonio raggiunge la fata che ormai non vuole più raccontare niente e la porta al suo chiosco. Tra i ritratti di tutti gli abitanti del Fantabosco, Fata Lina trova il suo e lo ricopre con il disegno di una mano. Un simbolo, un semplice disegno, che parla più di tutto il resto.
Fase 5 – L’amico giusto
Tonio, allora, capisce che deve farla parlare e allora le legge una poesia che narra di come un ricordo buio, nascosto in fondo al cuore, sembri non esserci, perché non si vede, ma c’è. Ed è solo la luce di una finestra aperta a uccidere il buio, è solo quando si lascia la bocca aperta alle parole che il buio si accende: <<Tu mi spaventi, mostro? E io ti dico>>. E una volta detto rimarrà solo una cicatrice con sopra scritto “mostro morde, uomo dice”.
Così, Fata Lina si decide a parlare e sarà Tonio, a fine puntata, a cercare di spiegare ai bambini cosa è davvero successo.
Fata Lina ha subito le attenzioni sbagliate da parte di una persona che conosceva, di cui credeva di potersi fidare. E mentre quelle mani diventavano sempre più incombenti, intanto la paura e la vergogna le toglievano le parole di bocca.
Poche parole, semplici, ma capaci di racchiudere tutto e di sottolineare con estrema fermezza l’importanza e la necessità di non restare in silenzio e parlare, parlare, parlare finché non rimane più niente.
Da una mail pervenuta dopo la trasmissione di Il segreto di Fata Lina si legge:
Se solo sedici anni fa un’altra Melevisione avesse parlato anche con me… Cinque anni: un po’ pochi per un rapporto sessuale, ma non troppi per un abuso. E nessuno parlava. Ho nascosto questa cosa in fondo a me perché se non la vedo lei non c’è. E invece c’era […].
Eccola qui quella donna davanti alla Melevisione che ascolta: «Mamma, perché Fata Lina ha bua?». Grazie di aver parlato. […] Grazie, Melevisione, grazie per mia figlia. […]
E così, la Melevisione, dopo aver stretto un forte rapporto con il suo pubblico, tanto da farlo identificare con i suoi personaggi, ha dato a questi un dolore e lo ha affrontato.
Certo, forse un adulto accanto è necessario per comprendere fino in fondo il significato di tutto questo ma è anche certo che questo programma non si è mai precluso un tema solo perché questo fosse poco adatto al suo target, bensì ha preso qualsiasi tema e lo ha adattato e trasformato per renderlo a misura di bambino. Perché, come dimostra la mail, anche se il tema non è adatto, purtroppo, la vita e il destino non fanno sconti e chi deve vedere, prima o poi, vedrà e capirà che il modo in cui ti tocca una persona di cui ti fidi non sempre è il modo giusto.
Per tutto questo e per la mia infanzia, grazie Melevisione!
Martina Casentini
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