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Ma cosa vuol dire restaurare?

“Se una sedia si rompe, viene riparata. Se la sedia è del Brustolon, viene restaurata”.

 

A conoscerla questa frase, l’avrei utilizzata già moltissimi anni fa.

Vi ricordate quando da bambini vi si chiedeva “ma che lavoro fa il tuo papà?”, beh, io ingenuamente rispondevo “il restauratore” e da lì tutti a chiedere “e che cos’è?”.

La frase letta all’inizio è il celebre “paradosso di Brustolon” enunciato da Giorgio Bonsanti, tra i più importanti teorici del restauro del ‘900, che in tal modo intendeva spiegare la differenza di attenzione e impegno che si impiega nel recupero tra una comune sedia e, diversamente, una sedia del XVIII secolo intagliata dal famoso artista Brustolon.

È proprio questa differenza a stabilire il significato del termine “restauro” che sta ad indicare l’attività di recupero, manutenzione e conservazione di un bene al quale viene riconosciuto particolare valore che sia storico, artistico e, più in generale, culturale.

Arduo compito spetta al restauratore il quale deve essere in grado di riconoscere il valore dell’opera che gli viene sottoposta in modo tale da preservarlo.

Per il riconoscimento di tale valore è necessario un dialogo tra oggetto e soggetto, un rapporto di conoscenza e analisi del manufatto atto a comprenderne le caratteristiche materiali, quali materiali e tecniche utilizzate, e valori immateriali, quali simbologia, espressività, rilevanza storica e artistica.

Il restauratore deve poter, al contempo, garantire all’opera una durata nel tempo senza alterarne l’espressività originale, ed è proprio la complessità dell’unione dei due fattori, ossia l’utilizzo di materiali nuovi per far rivivere originario splendore ad oggetti antichi, a creare un mai sopito conflitto nell’attribuzione di significato al termine “restaurare” che, sebbene derivi dal latino e quindi esista da moltissimi secoli, è spesso variato nel tempo.

Cesare Brandi nella sua Teoria del restauro del 1963 illustra l’attività di restauro come “il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della trasmissione al futuro”.

Venitemelo a chiedere oggi che lavoro fa mio padre.

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Anna Russo

La Redazione

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