Rita Levi-Montalcini: tra mente e cuore
Rita Levi-Montalcini nacque e fu per tutta la sua vita il frutto dell’unione di due opposti che si sono sempre tenuti per mano. Nacque da un padre ingegnere e da una madre pittrice: da una parte la scienza e dall’altra l’arte. Rita prese i cognomi di entrambi e in vita fu entrambi.
Questa è la sua storia.
Le donne hanno sempre dovuto lottare doppiamente.
Hanno sempre dovuto portare due pesi, quello privato e quello sociale.
Le donne sono la colonna vertebrale della società.
Ero una bambina, quando vidi per la prima volta Rita Levi-Montalcini in tv. Era una vecchina molto dolce, il suo viso mi ricordava quello di mia nonna e quando parlava, a quel tempo, ben poco capivo. Ora, quando leggo di lei, non posso fare a meno di ricordarla come quel giorno dietro allo schermo: dolce e con un’infinità di cosa da insegnare.
Rita Levi-Montalcini è stata una neurologa e una senatrice a vita, nel 1986 ricevette il Premio Nobel per la medicina. Nacque a Torino il 22 aprile del 1909 e venne al mondo come il frutto dell’unione di due opposti: da una parte il padre, Adamo Levi, un ingegnere, e dall’altra la madre, Adele Montalcini, una pittrice. Da un lato la scienza e dall’altro invece l’arte. Da un lato la realtà e tutte le teorie fisse e definite del mondo, dall’altro lato tutta la magia che ogni opera d’arte porta con sé. Rita prese i cognomi di entrambi i genitori e in vita riuscì ad essere entrambi: fu donna e scienziata, portò avanti un sogno e contemporaneamente la sua passione per la potenza della medicina.
Già da bambina le sue idee erano chiare, il suo più grande amore era già dentro di lei. Si innamorò infatti della scienza come fosse un colpo di fulmine e da quel momento ha coltivato quel sentimento e lo ha fatto germogliare in tutte le sue forme. Rita è riuscita a prendere la scienza e a trasformarla in passione, sciogliendola come un pezzo di cioccolato sciolto a bagnomaria e trasformando se stessa in una delle donne e delle menti più grandi della storia italiana.
La sua fu un’infanzia serena, i genitori erano due persone molto colte, che trasmisero a lei e ai suoi fratelli i valori e l’importanza dello studio: si laureò in medicina e per circa trent’anni portò avanti numerose ricerche sul Fattore di crescita nervoso e sul suo meccanismo d’azione. La ricerca che Rita condusse insieme al biochimico Stanley Cohen è stata di fondamentale importanza per la comprensione della crescita delle cellule tumorali e di altre malattie come l’Alzheimer e il Parkinson. Grazie a questo studio i due, nel 1986, ricevettero il Premio Nobel per la Medicina.
Rita Levi-Montalcini rinunciò alla sua parte romantica per dedicarsi completamente alla scienza: non si sposò mai e mai ebbe figli, anche se raccontò di un amore forte e ricambiato. Il suo cuore sembra fosse battuto per Germano Rondolini, un uomo conosciuto all’università, con cui non si sposò mai a causa delle leggi razziali, in quanto ebrea. Per lei quelle leggi furono un aiuto, una motivazione per rifiutare quell’amore che, anche se profondo, mai avrebbe potuto eguagliare i sentimenti che lei nutriva verso la scienza. Lui morì nel 1939 e lei non mancò per un ultimo saluto all’unico uomo che ebbe mai amato.
Tutti dicono che il cervello sia l’organo più complesso del corpo umano e da medico potrei anche acconsentire, ma da donna vi assicuro che non vi è niente di più complesso del cuore: ancora oggi non si conoscono i suoi meccanismi.
Nei ragionamenti del cervello c’è logica, nei ragionamenti del cuore ci sono le emozioni.
Nonostante la sua rinuncia, Rita non dimenticò mai il valore e la meraviglia di un sentimento. Dedicò la sua vita alla medicina, è vero, ma leggendo ed ascoltando le parole che ci ha lasciato, non si può non sentire quanto amore lei stessa avesse dentro, da donare. Ciò che è stato diverso, rispetto alle altre donne, è che lei quell’immenso amore non lo ha mai donato ad un uomo, bensì alla scienza, alla sua più grande passione, trasformando quella stessa materia così definita e fissa in qualcosa di meravigliosamente dolce.
Invecchiando continuò a conservare dentro di sé tutte quelle caratteristiche che per tutta la sua vita l’avevano definita: l’amore, la semplicità, la passione per ciò che faceva, la costante fusione tra mente e cuore.
Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni.
Il corpo faccia quello che vuole: io non sono il corpo, io sono la mente.
Rita Levi-Montalcini morì il 30 dicembre del 2012, a Roma, all’età di 103 anni, e se ne andò come se ne vanno tutte le persone come lei: in silenzio.
Perché in vita aveva parlato abbastanza.
Martina Casentini