Una notte al museo: la monumentalità trionfante dell’Ercole Farnese
Al Museo archeologico di Napoli non ci si può sbagliare: uno dei protagonisti principali è sicuramente il maestoso Ercole Farnese, in assoluto una delle statue marmoree più maestose e d’impatto in cui ci si può imbattere.
Un po’ di storia. In molti conoscono la leggenda di Ercole e delle sue dodici fatiche, del lungo processo di espiazione che il semidio greco ha dovuto affrontare dopo l’uccisione della moglie Megara e dei suoi figli compiuta da lui stesso a seguito di un involontario attacco di rabbia provocatogli dalla dea Era.
Una volta ripresa coscienza ed in preda al dolore, all’eroe fu proposto dal re di Argo, Euristeo, di intraprendere dodici fatiche che gli avrebbero permesso di ritrovare la pace perduta.
Una di queste imprese, l’undicesima, è perfettamente raffigurata nella statua del III secolo d.C. realizzata dal copista Glicone di Atene. L’opera originale in bronzo, infatti, risulta risalire al IV secolo a.C. e appartenere all’artista Lisippo.
Nella copia marmorea, Ercole viene rappresentato dopo aver recuperato i tre pomi d’oro dal giardino delle Esperidi grazie all’aiuto del titano Atlante, in posa statica ed affaticata, mentre si appoggia ad una clava che gli funge da sostegno. Nella mano destra, posta dietro la schiena a rendere ancora più evidente la stanchezza per la fatica appena terminata, regge i tre frutti aurei.
Sul viso del semidio passano limpidamente tutte le emozioni e le sensazioni di un uomo provato e sfinito ma soddisfatto del risultato portato a termine, con i muscoli del corpo totalmente rilassati.
L’eccezionalità della scultura sta proprio nella veridicità dell’anatomia umana che viene perfettamente riprodotta nel marmo, reso quasi morbido alla vista per la maestria utilizzata nella realizzazione.
E non sono solo i 3,17 metri di altezza che rendono il nostro eroe così imponente, bensì è il suo sguardo solenne rivolto verso il basso, quello di un uomo stanco ma vittorioso che ha affrontato le intemperie e ne è uscito vincente che ci fa sentire piccoli dinanzi a tanta arte, tanta umanità e tanto splendore.
Di Ilaria Aversa
Foto di Raffaele Iorio
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