Andrea De Rosa ed il Satyricon di Petronio al San Ferdinando
Andrea De Rosa, il regista d’avanguardia napoletano, lo sperimentatore, il re del gioco sul palcoscenico, cura la regia del Satyricon di Petronio riscritto dallo sceneggiatore casertano Francesco Piccolo. Lo spettacolo, che ha debuttato ieri al San Ferdinando di Napoli, sarà in cartellone fino al 19 gennaio 2020.
La trama del Satyricon di Petronio la conosciamo da sempre, o almeno così ci sembra, da quando lo abbiamo studiato a scuola in letteratura latina. È divertente, il Satyricon, moderno, glamour e decadente. Una vera chicca rispetto ai vari classici, pesanti e dotti. Petronio ha raccontato, con il banchetto di Trimalcione, la fine mascherata da opulenza dell’antica, grande Roma. Il lauto pasto, minuziosamente descritto, serve da simbolo della sovrabbondanza, dello sperpero della ricchezza, della mancanza di valori dovuta all’eccesso.
Il Satyricon in scena al San Ferdinando non differisce molto nella trama e nello scopo dal suo materiale di origine, attualizzando il contesto, gli abiti ed il gergo, ci narra principalmente la stessa parabola discendente di squallore, di superficialità ed accattonaggio. Ci descrive una società vuota di valori, parassitaria ed annoiata, composta e personificata da personaggi di diverse estrazioni sociali, rappresentazioni di tipologie e stereotipi della nostra contemporaneità. Vediamo i giovani stanchi e perditempo, ragazze bulimiche, interessate solo al loro peso, donne e uomini di mezza età con vestiti eleganti ma nulla da dirsi, se non banalità scevre da qualsiasi tipo di empatia o reale voglia di contatto umano. Francesco Piccolo ha estrapolato dalla società contemporanea le maggiori falle, i problemi linguistici e li ha messi insieme in un loop infinito di luoghi comuni e formule inutili, svuotate di ogni significato. La sensazione che ormai manchi qualcosa di essenziale, che si sta vivendo in un’epoca di enormi cambiamenti culturali – non sempre positivi – invade lo spazio del palcoscenico con violenza visiva e verbale, seminando l’angoscia del pubblico. Il grandissimo baratro comunicativo nel quale siamo finiti ci appare quanto mai profondo, inevitabile. I soldi, grandi protagonisti della vicenda, possono poco per sciogliere il nodo di incomunicabilità aggrovigliato dalle parole che non siamo più in grado di interpretare in quanto tali, ma risuonano come una cantilena che non vuole dirci nulla.
Il Trimalcione di Antonino Iuorio, bravissimo nel suo emulare un pesante accento romano, è forse l’unico personaggio capace di leggere la vita, vendendone la mancanza di senso e riuscendo così a trarne il meglio, godendo delle sue bellezze e dei suoi doni. Il suo cinismo lo rende umano, empatizzare con lui è molto semplice, mentre gli altri personaggi (magistralmente interpretati da Noemi Apuzzo, Alessandra Borgia, Francesca Cutolo, Michelangelo Dalisi, Flavio Francucci, Serena Mazzei, Lorenzo Parrotto, Anna Redi e Andrea Volpetti) sono invece tipi, emblemi, risultano allo spettatore quasi delle marionette, delle macchinette programmate per parlare in un certo modo, usando determinate formule, agendo in schemi prestabiliti. Trimalcione, conoscitore del mondo e dell’animo, viene percepito come tridimensionale, imponente non solo per la stazza, ma soprattutto per il realismo psicologico con cui si esprime e si comporta.
Una bellissima scenografia, le luci mozzafiato di Simone Mannino, le geometrie presenti nello spazio e i costumi (sempre a cura di Mannino) ci immergono totalmente nell’azione, permettendoci una partecipazione esaustiva e conturbante nella sfavillante, vacua realtà da salotto immaginata da Piccolo e De Rosa.
La regia di De Rosa è come sempre brillante, nuova, senza freni. Questo regista porta il teatro ed il nome di Napoli ad un livello superiore, internazionale, competitivo artisticamente. La sua ambizione e curiosità di provare linguaggi inusitati ed inauditi lo rende la speranza per il futuro del mondo teatrale, definendolo come uno dei migliori registi attivi oggi. Il teatro è sempre meraviglioso, quando unisce talenti, immaginazioni, parole e suoni in un unico organismo vivente, comunicante. L’arte completa, alta, perfetta.
Il San Ferdinando, il teatro di Eduardo e dei fratelli De Filippo, con il suo Museo dell’attore, vi aspetta e vi accoglierà calorosamente. Vi auguro una buona visione.
Sì, per favore, per favore, andate a teatro.
Sveva Di Palma