Kobe Bryant: omaggio ad un campione
“Kobe Bean Bryant è stato un cestista statunitense”, cita Wikipedia da qualche ora, precisamente da ieri sera quando, nel pieno della partita Napoli – Juve, si è diffusa la notizia dell’incidente in elicottero in cui il campione e sua figlia Gianna Maria, di 13 anni, hanno perso la vita.
Kobe Bean Byrant è stato. Che cosa incredibile, la vita che si spezza in questo modo improvviso, ineluttabile. L’aereo doveva portare il giocatore e sua figlia adolescente – unica tra le sue quattro figlie ad aver mostrato interesse a seguire le orme paterne nel mondo dello sport – al campo di pallacanestro di Los Angeles appartenente allo stesso Bryant.
Lì, si allenava sua figlia, insieme ad altri ragazzi, speranzosi di poter diventare, un giorno, anche solo la metà della leggenda che li aveva ispirati. Lui era il campione assoluto, colui che aveva cambiato il gioco del basket, vincendo con la sua squadra – i Los Angeles Lakers – cinque titoli, partecipando a due olimpiadi.
Tutta la famiglia Bryant era cresciuta dentro questo incredibile sport, dal padre Joe alla madre Pamela, sorella di un altro giocatore. L’agonismo era nel DNA, quella genetica impossibile da ignorare, talmente radicata da portare con sé un destino, una strada dritta, un percorso tracciato. E quella stessa genetica imperativa e urgente era stata anche superata, migliorata, perché trascesa dall’essere umano Kobe, capace di destreggiarsi tanto sul campo quanto nel cinema, vincendo un Oscar nel 2018 – insieme a Glen Keane, regista e animatore – con il cortometraggio animato intitolato Dear Basketball.
Potete trovarlo su YOUTUBE, guardatelo, perché è davvero bello, commovente, animato meravigliosamente. L’animo dietro questo corto è puro, capace di un amore viscerale nei confronti di uno sport difficile, che richiede tecnica, dedizione, perfezione. Ogni immagine è amore totale, passione incontenibile. Ad esempio, a dire che il talento è importante, sì, ma non basta, non davvero. Ci vuole l’allenamento, il tempo, il sacrificio.
Come disse il grande Maurizio Crozza in un raro momento in cui Festival di Sanremo ha raggiunto picchi di elevatezza ad oggi sconosciuti, “la bellezza è la fatica”. La perfezione si raggiunge solo attraverso tanta pratica, sudore, sofferenza e disciplina.
Dear Basketball, tuttavia, non copre solo questa parte della carriera sportiva, ma soprattutto l’addio dello sportivo al proprio sport, a questa benedizione e croce che ne ha definito l’esistenza. Il corpo dell’atleta che cambia e si riadatta al corpo di uomo, di padre, di marito. Il primo luglio del 2016 Kobe Bryant si era ritirato, aveva deciso – ancora abbastanza giovane – di abbandonare quella squadra che aveva fedelmente servito per vent’anni e dedicarsi alla sua vita privata, ad essere presente alla crescita e all’evoluzione di Gianna Maria, Natalia Diamante, Bianka Bella e Capri Kobe. Con Gianna Maria si allenava costantemente, supportando il suo sogno di camminare su quello stesso sentiero già tracciato, non sempre lineare ma ben definito.
Non si sanno ancora le cause precise dell’incidente, l’FBI sta aprendo un’indagine in queste ultime ore per comprendere le dinamiche dello schianto, ma credo – tutto sommato – che non sia questo quello di cui si debba parlare.
Kobe Bryant era un grande campione di appena 41 anni, sua figlia ne aveva solo 13, lui amava l’Italia e aveva dato alle sue figlie tutti nomi italiani. “Da voi ho imparato ad essere un giocatore di basket”, diceva sempre, con quel sorriso aperto, tutto americano. Ma lui l’Italia l’amava perché l’aveva girata seguendo e ammirando il padre giocatore, studiandolo e studiando i suoi compagni ed avversari, a quanto pare.
Stava costruendo il suo futuro gioco, la sua visione dello sportivo che sarebbe diventato, iniziava l’allentamento con l’intelletto e l’osservazione. Una vita al servizio dello sport, della perfezione, dell’elevazione, ma anche degli affetti, del tempo familiare, della nuova generazione.
E quindi grazie, Kobe, per averci donato – con la tua trasversalità, il tuo impegno, la tua determinazione – degli anni di grandissimo sport, di arte, di amore.
Sveva Di Palma
Disegno di Simone Paesano – Volontario SCN Consorzio Prodoos