Musica Indie: guida all’ascolto
Di cantanti e musica indie traboccano le playlist Spotify di un buon numero di persone che vanno dai 15 ai 30 anni. Qualcuno storce il naso, qualcuno ascolta ma se ne vergogna, qualcun altro ancora evita come fosse peste in filodiffusione. Poi ci sono io che la ascolto, la condivido, la seguo, la divoro senza ritegno. Questo genere trova tra i giovanissimi i suoi più grandi estimatori, ma non è detto che tutti i suoi fruitori sappiano con certezza a cosa ci si riferisce quando si parla di musica indie. Ecco perché, allora, è necessario fare una breve storia del genere, prima di fornire una rapida analisi di quello che il mercato discografico attualmente offre sotto la voce “musica indie”.
La definizione di “musica indie” è in realtà la forma abbreviata di “musica indipendente”: nasce negli anni ’80, più che come vero e proprio genere musicale con temi, stili, suoni e contenuti identitari, come una corrente, un filone di autori e artisti che prendono le distanze dal mainstream e dalle major, e si affidano ad etichette indipendenti, quando non decidono addirittura di autoprodurre la propria musica. I primi gruppi indie nascono in Inghilterra e negli Stati Uniti: gruppi come gli Smiths, i Pixies e i My Bloody Valentine sceglieranno la strada della musica indipendente prima di approdare presso le grandi case discografiche.
Con gli anni ’90 e l’avvento di internet la musica indie si diffonde e si definisce come vero e proprio genere musicale: in Italia, gruppi come Marlene Kuntz e Afterhours proporranno musica sofisticata e alternativa, di nicchia ma non del tutto sconosciuta al grande pubblico. Con i Verdena e i Bluvertigo la musica indie si aprirà un ampio varco nella scena musicale italiana, inaugurando un filone che si farà sempre più folto e sempre meno defilato rispetto al mercato musicale.
Con il terzo millennio la musica indie si afferma indiscutibilmente, si appropria di suoni e contenuti propri, diventa un ricchissimo bacino in cui le grandi major vanno a pescare talenti. Allora gli assiomi fondanti del genere diventano pochi e inconfondibili: 1) una città che faccia da sfondo, che può essere una spietata Milano, una malinconica Bologna o una rassicurante provincia italiana; 2) un amore deluso, una ferita aperta, una relazione naufragata.
The Giornalisti: freschi di sanguinosa rottura, il gruppo del frontman Tommaso Paradiso propone temi leggeri, ritmi veloci e coinvolgenti che trasformano ogni brano, ad ogni uscita, in un tormentone. Gli amori interrotti e le sofferenze degli esordi hanno piano piano lasciato spazio, forse grazie alla felice relazione con la fashion designer Carolina Sansoni, ad una vita sentimentale decisamente in discesa che corre parallelamente ad un successo sempre più ascendente.
Calcutta: Edoardo D’Erme, in arte Calcutta, comincia la sua carriera nel 2013 finanziato da etichette indipendenti. Inanellando una serie di successi contenuti nel suo secondo album, il primo a riscuotere un certo successo, Mainstream, riuscirà nel 2018 a firmare un contratto discografico con un’importante major, “Bomba dischi”, con la quale pubblicherà il suo terzo album: Evergreen. Calcutta canta il grigiore spesso confortante della provincia italiana: i suoi amori, fatti di gesti, ricordi sbiaditi e abitudini, naufragano e trovano conforto in piccole città come Pesaro, Frosinone o la sua Latina, o arrancano e si perdono in una caotica e scintillante Milano.
Frah Quintale: Francesco Servidei, bresciano, in arte Frah Quintale, con l’album d’esordio Regardez moi, ci mostra tutto lato peggiore di sé: l’inadeguatezza rispetto alle aspettative altrui, il desiderio di soldi e successo, una vita scioperata, burrascose rotture con donne troppo esigenti per un uomo così poco affidabile. La città su cui si muovono Frah Quintale e le sue donne è una cara e avida Milano, dai salotti scintillanti alla periferia più estrema e abbandonata.
Franco 126: pseudonimo di Federico Bertollini, romanissimo, debutta nel 2017 in duo con Carl Brave, per poi intraprendere nel 2018 la carriera da solista che porta all’uscita del suo disco di esordio Stanza singola. Suoni delicati, cadenza romana marcata e a tratti esibita, collaborazioni con nomi noti come Tommaso Paradiso o Max Gazzè. La sua Roma lo vede impegnato in relazioni improbabili, trascinate, sciatte e trasandate.
Giorgio Poi: nome d’arte di Giorgio Poti, piemontese di nascita e bolognese d’adozione. Esordisce con i Vadoinmessico, gruppo di cui è fondatore e con i quali pubblica nel 2012 l’album Archaeology of the future. La sua carriera da solista nasce con l’uscita, nel 2017, dell’album Fa niente e con la collaborazione con Bomba dischi: il disco è per lo più fatto di suoni, motivi ripetitivi e a tratti ipnotici. Da qui in poi il successo sarà sempre crescente e le collaborazioni sempre più frequenti e feconde. Con l’uscita di Smog Giorgio Poi dà parole ai suoi suoni: una voce metallica e sempre sintonizzata sui toni della malinconia, canta relazioni infelici, amori non ricambiati, rapporti lacerati da litigi e incomprensioni.
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Valentina Siano